TELEKOMMANDO

Vorrei conoscere bene sia il dialetto emiliano e trentino, il romano, meglio romanesco lo conosco bene per non parlare in lettura del milanese e nostro lodigiano, sia quello sardo (con le dovute distinzioni di zone, perché si parla di vera e propria lingua) perché dispiace vedere a quale livello siano scesi due trasmissioni come Di Martedì ed È sempre carta bianca. Questo per dire qualcosa ai due conduttori, perché vedo in loro la responsabilità di tale caduta. Lo spettacolo (o meglio forse dire avanspettacolo) dato nelle puntate di questa settimana ha sfiorato il vero e proprio cabaret. Senza togliere niente a tale artigiano pure d’autore e d’intrattenimento. Ma, qui il teatrino una volta detto così della politica in tv ( e nei media presi tutti in coro) è rimasto solo vuoto nell’assurdo chiacchiericcio senza interlocutori che la tv ha mai dimenticato. Altroché partecipazione diretta. Anche se poi sul versante della partecipazione procurata dai social se ne vedono di belle e di molto brutte. Insomma vedere minuti e minuti sull’una e sull’altra parte dedicati alle intemerate discussioni di Iacchetti (lui sì che il cabaret ce l’ha nel sangue) e di Mauro Corona e le sicurezze di “essere sempre dalla parte della ragione” di Bersani (ah! La ditta se ci fosse ancora) e di Augias fa pensare piuttosto a un parterre di “umarell” – credo siano tutti pensionati a contare gli anni di ognuno di costoro – dunque: dell’intellettualità più smaccatamente in giro non più per cantieri, ma proprio davanti a noi. Per come siamo osservati e persino giudicati, forse anche detestati. Perché sembrano dire al malcapitato spettatore: perché non fate come noi. Per fortuna che resta una cosa sola da fare. Bontà dell’inventore di quell’aggeggio che tra le mani pigiandone i tasti può togliere, cambiare o spegnere del tutto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA