TELEKOMMANDO

Qualcuno forse ricorderà come sul finire degli anni 80 e per tutto il decennio successivo il duopolio televisivo andatosi formando tra la Rai e la Finivest non viveva più in grande contrapposizione, ma con il passaggio da una rete all’altra dei “migliori” conduttori e autori sulla piazza si consolidò quello che con nemmeno troppa originali crasi (uh mamma mia che “parolona” si è andata a tirar fuori) fu chiamata Rainvest. Durò poco o meglio si trasformò in qualcos’altro con l’avvento del Terzo polo tv che a guardar bene non è che abbia grandi ascolti: è più una tv di elite che altro oggi. Tanto che la platea delle tv locali regionali spesso è anche più importante. Sto lasciando fuori i canali del digitale terrestre e delle piattaforme a pagamento. Questo per dire che la trasversalità - è soltanto un’ipotesi personale – del messaggio televisivo sembra attualmente passare solo attraverso la capacità degli inserzionisti pubblicitari di intercettare, pagandoli profumatamente, personaggi proprio del piccolo schermo. Esempio lampante è senza alcun dubbio la batteria di spot realizzati da una nota marca di divani. Incredibile la quantità prodotta e l’occupazione massiccia di qualsiasi tipo di spazio, pure in radio oltre che sulla carta stampata e sul web, e l’uso – al di là se trovi o meno il divano, la poltrona, l’accessorio scontatissimo nei suoi punti vendita – proprio dei testimonial a dare (ma i dati non li conosco) quel quid in più alla vendita. Dovrebbe essere così a elencare i nomi e a guardare le “scenette” cui si prestano insieme ai “maestri” dell’arredamento. Ci sarebbe molto altro da dire e di come le regie di questi spot prendano soprattutto dai caroselli d’antan, dagli sketch dei varietà che furono e in ultimo dalla commedia all’italiana del periodo più aureo. Insomma, a metter d’accordo tutti basterebbe forse solo far salotto?

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