TELEKOMMANDO

In tv non vi è niente e nulla che non sia ripetibile. Con una sola eccezione: l’irripetibilità riguarda solo la Raitre di Angelo Guglielmi. La vera e unica rivoluzione culturale operata in un media che per definizione vuol essere pubblico e democratico. Attualmente c’è chi sta cercando di rinnovare quei lontani fasti, entrati nella leggenda, ma in fin dei conti relegati più a un immaginario di nicchia che a un vero e proprio engagement collettivo. Allora, circa una trentina di anni fa e più, i veri successi li mietevano i vari pippobaudo, raffaellacarrà, - bello scriverli così alla enrico ghezzi - un po’ canale5 e poco altro. E come ovvio le partite della nazionale. Un primo tentativo di prosecuzione di quel felice esperimento venne dalla Raidue di Freccero. Lì però era il situazionismo anarchico a far da collante con le esigenze “commerciali” di rete, mentre nella Raitre era il neoavanguardismo letterario a occupare spazi di manovra consentiti dalla politica. Insomma, erano altri tempi con altrettanti piani programmatici. Qui ora invece è un rimasticare peraltro senza alcun senso e lo dimostra La7 arruolando tra le sue fila addirittura Corrado Augias. L’ottantottenne, avete letto bene, l’ottantottenne scrittore e giornalista che non conosce pensionamento né cedimenti nella scrittura di libri in cui è capace di spaziare dalle biografie segrete di città e metropoli a vite dei santi, passando da una rete all’altra, di cosa si occuperà? Ovviamente di libri e lo farà con la solita cantilenante e spremuta sprezzatura che lo contraddistingue da decenni e che non mancherà di annoiare. Come ha annoiato il documentario in prima visione di Oliver Stone, sempre su La7, Nuclear Now, appena passato al Torino Film Festival. Il tema interessantissimo purtroppo è stato affogato dal geniale regista di Platoon, JFK e Assassini nati in un commento a dir poco didascalico in cui la tesi del nucleare buono assumeva i contorni di un tema scolastico. Insomma, per far cultura oggi non basta la divulgazione di stampo inglese, ma ci vuole la velocità intensificata dei social media. Inutile girarci intorno questa è la contemporaneità che piace e la tv, per sua stessa ammissione e ragion d’essere, non può che adeguarsi. Altrimenti, meglio spegnere e andare a dormire.

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