TELEKOMMANDO Cecchetto, non solo “Gioca jouer”

L’amarcord intelligente in prima serata Rai, ma si può fare meglio

Mercoledì scorso il prime time di Raiuno ha mandato in onda il documentario People from Cecchetto. L’occasione a guardarla bene e in anticipo sulla visione poteva consentire più di una riflessione, nonché di sorpresa e gioia, perché avere a disposizione in prima serata sul primo canale della Rai un documentario non è cosa di tutti i giorni. Però si sa che la cosa verrà replicata il giorno di Capodanno con la programmazione di Io, noi e Gaber. Questo poche settimane dopo il passaggio del documentario al cinema. Insomma, politica meritevole che, forse, segna un cambio di passo nei palinsesti, soprattutto dell’emittente pubblica? Spero proprio di sì, visto che il genere è da sempre confinato nei bouquet laterali (Rai5 per la maggior parte) o inseriti nei talk politici: pratica quest’ultima travasata poi in altre reti. Comunque, mi permetto un passo indietro: nelle ultime riflessioni avevo rivelato qualcosa sul metodo di lavoro adottato nel far critica, non dicendo però nulla del fatto di come Kezich suggeriva di far critica anche come spettatore. Di far dello spettatore una professione. Poi, tanti anni dopo qualcuno, peraltro anche amico, si è inventato più di un appellativo. Questa però è un’altra storia. Dicevo della critica e del suo farsi sul campo, non trovando l’occasione, l’appiglio per la stroncatura, ma scovando dal loglio anche un chicco di grano. Dunque: cosa c’è stato di buono in People from Cecchetto? Sicuramente i materiali delle Teche (sempre benemerite). Mentre le tante testimonianze, Cecchetto è stato un fenomenale talent–scout, di personaggi come Fiorello, Sabrina Salerno, Carlo Conti e tanti altri alla fine hanno appesantito l’intera narrazione. Poco spazio è stato dato alle canzoni (oltre “Gioca jouer” - e chi non vi ha giocato sopra - quale altra è stata illuminata?), altrettanto poco a movimenti e scarti drammaturgici che avrebbero scombinato la linearità classica di un genere come il documentario che la contemporaneità ha totalmente fatto saltare in aria. Un peccato: a conti fatti. Tuttavia, un plauso all’operazione ci deve essere. Buon Natale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA