TEATRO In volo, tra libro e palco, “Come gli uccelli”

In scena al teatro Fontana di Milano fino al 4 febbraio prossimo

Dopo il debutto di novembre a Torino e un giro largo a Genova, arriva al Teatro Fontana di Milano, fino al 4 febbraio prossimo, “Come gli uccelli” del drammaturgo e regista d’origine libanese, ma oggi d’estrazione franco-canadese, Wajdi Mouawad. Da pochi giorni è uscita in libreria la traduzione italiana nella collana Teatro dell’Einaudi, “Come gli uccelli” è il frutto di due anni di lavoro ed è stata realizzata con il consenso del suo autore da Marco Lorenzi, regista de Il Mulino di Amleto, compagnia che con il procedere degli anni sta acquisendo una crescente maturità tanto da contarsi tra le migliori realtà teatrali italiane. Oggi la pièce viene a collocarsi in un frangente critico per il Medio Oriente a causa del conflitto scoppiato a seguito della “mattanza” del 7 ottobre tra Hamas e Israele. Tutto a scapito della martoriata popolazione di Gaza. Come nel più classico dei plot, anche in “Come gli uccelli”, la vicenda ruota intorno a due innamorati e alle loro famiglie. Se non che i due giovani sono una ragazza araba e un ragazzo ebreo. Dunque, ancora una volta siamo dalle parti di “Romeo e Giulietta”, peraltro i due si conoscono a New York. Quindi c’è di mezzo un riferimento pure a West Side Story. I lacciuoli temporali di un’evoluzione della storia del teatro di cinque-seicento anni attraverso tropi consolidati fanno sì che la drammaturgia fondi la dimensione pubblica con quella confidenzialmente familiare e privata. Ma, i due mondi fatalmente o per destino comune finiranno per configgere dando luogo a orrori e dolori che si protrarranno per decenni fino all’oggi, tra la guerra del Sinai di fine anni sessanta fino all’attentato all’Allenby Bridge. Il su e giù temporale della vicenda in cui s’intrecciano rapporti e contrasti familiari, a loro volta annodati alla storia delle due genti, è stato risolto da Lorenzi con un dispositivo scenico che affranca un muro non più metaforico, ma duro nella sua continua mobilità, dall’asciuttezza degli oggetti dislocati sul palco, per affidarsi completamente alla recitazione dei suoi attori e a una stratificazione sonora di rara intensità: un vero e proprio sound design che amplifica e sottolinea il dramma che si compie in scena.

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