LA MOSTRA La riscoperta di Antonio Ligabue

Una settantina di opere dell’artista esposte da oggi (e fino al 26 maggio) alla Società la Promotrice delle Belle Arti di Torino

È passato molto tempo da quando per tutti Ligabue era solo un pittore naif, peraltro non con tutte le rotelle del cervello a posto. Nemmeno un fortunato sceneggiato tv, con uno strepitoso Flavio Bucci nella parte dello pittore e scultore di Gualtieri, era riuscito a scardinare tale credenza. Di certo, Ligabue era e resta un irregolare dell’arte, ma con il lavoro - che ha dell’incredibile per perseveranza e acribia archivistica e critica - della “Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue”, si è capito finalmente che tanto naif non era e che la sua pittura s’inseriva perfettamente in quel novero di artisti la cui iconicitá andava al di là dei soggetti e dello stile. Eppure, la riconoscibilità dei suoi quadri è data dalla Natura, matrigna e ferina, con i suoi animali mai domi, selvatici e domestici e dai paesaggi i cui colori sembrano lo specchio a rovescio della sua tormentata autobiografia. Questo è il nucleo principale e snodo fondamentale della mostra che si apre quest’oggi e sarà visitabile fino al 26 maggio prossimo alla Società la Promotrice delle Belle Arti di Torino. A curarla è Giovanni Faccenda, autore anche del catalogo. Questa è, inoltre, la prima mostra in cui Tota, scomparso lo scorso anno, partecipa solo col nome della sua fondazione. La settantina di opere, tra dipinti disegni e sculture, scelte nella copiosa produzione di Ligabue s’inseriscono in un percorso che intreccia tutti i maggiori temi e motivi dell’artista come anche la versatilità nel passare da schizzi su carta alla realizzazione dei dipinti fino alla straordinaria capacità di immaginare e plasmare tridimensionalmente i suoi soggetti. Qui sono soprattutto gli animali a far da guida. Interessanti, oltre i celebri autoritratti, sono i paesaggi che sembrano risucchiarsi alla fine nell’ultima sua opera, quel “Paesaggio” del ’62, che pare dialogare con la pittura astratta lombarda degli anni ’60 e a ritroso con le suggestioni tosco-bolognesi di Soffici e Morandi.

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