LA MOSTRA Caravaggio, genio immortale

La grande antologia dedicata al pittore lombardo (fino al 6 luglio) a palazzo Barberini a Roma

Metti un bilancio delle più belle mostre di quest’anno e un bilancio a metà anno in corso avrebbe poco senso, ma mettiamolo lo stesso in atto e questo non potrebbe che avere un primo “like” per “Caravaggio 2025”: mostra attesissima, che pur con qualche polemica spiccia riguardante il sì o no di un’attribuzione, ha rinsaldato il già forte legame tra il pubblico e il pittore lombardo. Dunque, un successo annunciato che dal marzo scorso ha visto centinaia di visitatori ammirare la doppia dozzina di opere nelle stanze di Palazzo Barberini a Roma (catalogo edito da Marsilio Arte e mostra a cura di Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon). D’altronde, Caravaggio è ormai entrato a ragione nel ristretto campo degli artisti riconosciuti a livello mondiale, peraltro in più strati della società contemporanea. Altrettanto ovvia è la constatazione che l’iconologia caravaggesca, abbeveratasi ad un realismo di matrice popolare, non è mai stata esente da attribuzioni arbitrarie che l’intensificazione mediatica non ha fatto che esaltarne anche gli aspetti più retrivi, assunti poi come luoghi comuni. Al contrario e a poche settimane dalla chiusura, fissata per il 6 luglio prossimo (da non dimenticare, il biglietto lo consente, d’accoppiare alla mostra la visita al Casino Ludovisi ove si può ammirare l’unico affresco dipinto da Caravaggio), resta fissa nella propria memoria visiva la constatazione che si è assistito a un vero e proprio miracolo espositivo. Chissà quando ripetibile. Erano anni ed in questa sede inutile andar a sfruculiare la lista, per altro alcune leggendarie, delle mostre caravaggesche del secondo novecento per arrivare fino alle più recenti e capire di avere oggi sotto gli occhi, forse anche per pochi minuti, 24 tra le maggiori opere di Caravaggio:dal Narciso al Giovanni Battista, dai Bari a Santa Caterina, dai ritratti di Maffeo Barberini a Giuditta e Oloferne. E ancora l’Ecce Homo madrileno. Tutte parlano dell’alta qualità presente in mostra. Per una volta, dunque, conviene lasciare consapevolmente spazio alla bellezza e alla capacità dell’occhio d’ognuno e secondo i propri mezzi di osservare totali e particolari di figure appartenenti alla storia dell’arte e dell’umanità. Per il reticolo di relazioni, attribuzioni, indagini e restauri c’è il catalogo.

Fabio Francione

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