Incanta il Rigoletto firmato Martone

Alla Scala l’allestimento curato dal regista napoletano

Il “Rigoletto” di Verdi per la regia di Mario Martone e la direzione d’orchestra di Michele Gamba getta nel mare magnum delle interpretazioni delle opere del compositore di Busseto più che l’ennesimo sasso un autentico macigno che sarà sempre più difficile spostare. Soprattutto per il Teatro alla Scala, tempio dell’opera allo stesso tempo conservatore e in modo più o meno manifesto anche tessitore di novità sperimentali nello scivoloso campo della drammaturgia operistica. In tempi recenti basta forse considerare la lunga gestazione di “Fin de partie” di Kurtag dall’omonima pièce di Samuel Beckett. Sta il fatto che al debutto il lavoro di Martone è stato quanto mai divisivo come non accadeva da tempo alla Scala di Milano, un malcontento scemato nella successiva replica e si vedrà in quelle che seguiranno previste per il 30 giugno, e ancora per il 2 e 5 luglio. Dunque, cosa può essere stato così divisiva per alcuni la regia di Martone che esplicitamente citava come panno d’appoggio un film come “Parasite”, pluripremiato e esempio di un cinema che cerca di affondare il bisturi in un psicologismo intriso di brutalità quotidiana e di rancore selvaggio dovuto alla continua dismisura delle diseguaglianze sociali. E la trama victorhughiana che servì il libretto a Piave e a Verdi non offre solo il destro, ma anche il sinistro, in un uppercut micidiale a Martone per leggere ancora una volta la contemporaneità attraverso quell’Ottocento come noi, teorizzato da uno studioso come Baldacci. En passant uno che i libretti li aveva eccome studiati e a lungo. Nella replica cui ha assistito chi scrive molti minuti di applausi. Ovazione per il Rigoletto interpretato da Amartuvshin Enkhbat.

© RIPRODUZIONE RISERVATA