Ada e Amalia, 30 anni di lettere

A Santa Chiara Nuova un incontro, guidato da monsignor Cremascoli, sui legami fra Dinìn e Moretti

Poi Guido Oldani ha parlato di poesia e società oggi

Il linguaggio cambia insieme alla società che lo usa, e se una volta si scrivevano lettere per comunicare a un’amica lontana le proprie riflessioni, oggi il messaggio è affidato alla sintassi dei social network, rapida ma impoverita rispetto agli epistolari di un tempo. Se ne è parlato ieri pomeriggio nell’antico coro di Santa Chiara Nuova, sede di un incontro promosso da “Poesia, la Vita” (l’associazione che si occupa di custodire e valorizzare l’opera di Ada Negri), in occasione delle “Domeniche di carta” della Provincia di Lodi.

Due gli interventi in programma: il primo, condotto da monsignor Giuseppe Cremascoli, era dedicato alla fitta corrispondenza fra la poetessa lodigiana e l’intellettuale milanese Amalia Moretti, curatrice di numerose rubriche di salute e arte culinaria sul «Corriere della Sera» e altri periodici italiani di inizio Novecento; il secondo ha dato voce alle riflessioni lirico-epistemologiche del poeta lodigiano Guido Oldani, invitato dagli organizzatori ad approfondire il rapporto fra poesia e società nel terzo millennio.

Due relatori di differente approccio e formazione, proprio come lo erano «l’ipersensibile e religiosa Ada e la fermamente laica Amalia Moretti, diversissime eppure unite da un sentimento d’amicizia cui rimasero fedeli per molti anni». Precisamente dal 1913 al 1943, estremi coronologici di un epistolario che – ha spiegato il professor Cremascoli, professore emerito di Letteratura e filosofia all’Università di Bologna - «documenta con spontaneità e concretezza le alterne vicende di due donne legate da affetto pacato e commosso. Leggendo le lettere di Ada, raramente il discorso cade su temi letterari, l’accento è piuttosto sulla dimensione esistenziale».

La difficile separazione dal marito, il rapporto non sempre idilliaco con la madre, le piccole gioie e i risentimenti, resoconti di viaggi, amori, dolori: c’è tutto questo nelle lettere che Ada spedisce all’amica, scritte con una prosa infinitamente più ricca di quella che utilizzerebbe oggi un nativo digitale. «Viviamo in un epoca di sottrazione del linguaggio – chiarisce Oldani – in cui da un lato viene meno la vitalità dei dialetti, ormai quasi scomparsi, e dall’altro avanza la lingua parlata dall’amministrazione pubblica, la lingua delle anime morte. In mezzo ci sono le nuove generazioni, che per difendersi da questa tenaglia linguistica sono stati costretti a ritagliarsi una nicchia di comunicazione, dove possono dare sfogo a forme più libere d’espressione».

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