Cavenago, i tecnici del gas tornano a lavorare attorno al giacimento di Caviaga

Nei mesi scorsi due storici pozzi Eni sono stati riallacciati ai metanodotti

Tecnici della Snam sono stati notati nei giorni scorsi nella zona di Caviaga. Dal quartier generale di San Donato Milanese chiariscono che nella frazione di Cavenago non sono presenti giacimenti della Snam e non risulta neppure prevista alcuna attività di perforazione di nuovi pozzi per lo stoccaggio: la presenza di squadre sul posto potrebbe essere piuttosto relativa ad attività sulla rete di trasporto.

A Caviaga la storica Agip, che poi ha dato vita alle società Snam ed Eni - che è l’attuale titolare della concessione mineraria per il giacimento di idrocarburi di Caviaga - , scoprì le potenzialità estrattive con il primo pozzo trivellato dal maggio 1943 al maggio 1944 fino a una profondità di 1.800 metri. E al quale Enrico Mattei nell’immediato dopoguerra volle farne seguire un secondo, scoprendo così un giacimento da 12 miliardi di metri cubi di gas naturale, una capacità mille volte superiore ai giacimenti fino ad allora scoperti nell’Europa occidentale. Il segreto erano le prospezioni “sismiche”, che attraverso scuotimenti del terreno generati con varie tecniche permettevano ai geologi di stimare la consistenza del sottosuolo, e quindi anche di localizzare sacche di gas.

Un dato però è certo: mentre nella mappatura del ministero dello Sviluppo economico di fine 2021 comparivano nel sito della frazione di Cavenago d’Adda sei pozzi in tutto, di cui due non collegati, nell’ultimo aggiornamento disponibile, datato maggio 2022, i pozzi autorizzati sono diventati sette e quelli produttivi e allacciati alla rete sono diventati sei, tutti con numero identificativo “vecchio”, da 416 a 423. Il settimo, classificato come “pronto per la produzione”, ha un numero d’ordine molto più alto, 2472, ed è classificato come “non allacciato”. Non sarà facile venire a sapere quanto di quel tesoro sepolto sia ancora rimasto sotto i campi della zona di Caviaga, ma fa una certa impressione constatare che 77 anni dopo la sfida di Enrico Mattei, che grazie alla scoperta di Caviaga salvò dalla liquidazione l’allora neonata industria italiana degli idrocarburi, il giacimento lodigiano produce ancora metano e reddito. Le stime ministeriali indicano per tutta Italia la disponibilità di 110miliardi di metri cubi di giacimenti ancora sfruttabili ma i dati indicano anche che in questo 2022 in cui i prezzi internazionali del metano si sono decuplicati da febbraio a settembre, da gennaio a settembre le esportazioni dall’Italia sono cresciute finora del 273 per cento.

Il fabbisogno nazionale rimane stimato sugli 80 miliardi di metri cubi l’anno, quindi di maxi giacimenti come Caviaga ne consumiamo almeno sette ogni dodici mesi, mentre da gennaio a settembre di miliardi di metri cubi ne abbiamo importati quest’anno 55,8.

Ma se il prezzo rimette in gioco i pozzi italiani, nel risiko dell’energia evidentemente è tornato buono anche il più antico dei giacimenti.

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