Moschea, il ricorso è diventato realtà

Gli islamici non mollano e continuano la lotta con il municipio

È arrivato martedì pomeriggio in comune il ricorso presentato al Tar di Milano dal centro culturale islamico di via Fugazza contro l’archiviazione della richiesta di sanatoria per gli abusi contestati e l’ordinanza di ripristino della vecchia destinazione d’uso artigianale.

Ormai è battaglia legale senza confini tra musulmani e comune di Casale a proposito dell’immobile di via Fugazza, sede del centro culturale islamico, utilizzato il venerdì per la preghiera degli islamici, da cui la definizione sintetica di moschea.

La vicenda iniziò nell’estate di due anni fa, dopo l’insediamento della giunta leghista a Casale: in seguito a un sopralluogo furono rilevati alcuni piccoli abusi edilizi ed emerse che mai il centro culturale richiese il cambio di destinazione d’uso per l’immobile di via Fugazza, trasformato da artigianale in terziario come sede dell’associazione. Il comune intimò subito il ripristino delle condizioni iniziali, fatto che avrebbe costretto i musulmani ad andarsene.

Il centro culturale fece ricorso al Tar, che gli diede ragione, ma nel successivo appello invocato dal comune presso il Consiglio di stato, alla fine del 2010, il supremo organismo amministrativo ribaltò la sentenza dando ragione al comune di Casale.

Da allora è iniziata una campagna politica della Lega che ha rivendicato il successo della chiusura della moschea anche con manifesti affissi in città. In realtà, però, la moschea non è mai stata chiusa. Solo il 18 febbraio scorso infatti il comune ha notificato di nuovo al cento culturale l’ordinanza con l’obbligo di ripristino delle condizioni originali, compresa la destinazione d’uso artigianale dello stabile. Quattro giorni prima, però, il centro islamico aveva avanzato richiesta di sanatoria e per legge non è possibile applicare sanzioni a immobili per i quali è pendente una richiesta di sanatoria.

Il comune però il 14 aprile ha comunicato l’archiviazione della richiesta indicando che prima si sarebbe dovuta ripristinare la condizione iniziale, e successivamente fare richiesta di permesso di costruire. È l’atto che oggi viene impugnato davanti il Tar dai musulmani, con richiesta di sospensione urgente, perché immotivato a loro dire: intanto, la risposta alla richiesta di sanatoria doveva precedere l’ordinanza di ripristino, e in secondo luogo che senso ha chiedere il ripristino delle condizioni d’origine se la situazione può essere sanata?

Domande che non impressionano il sindaco Flavio Parmesani: «Non entro nelle questioni giuridiche e aspettiamo, ma posso affermare che noi andremo avanti per la nostra strada al fine di far rispettare le regole e la sentenza del Consiglio di stato».

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