I danni da nutria costano un milione

I danni al sistema idrico del Lodigiano sono pesanti e il Consorzio Muzza deve investire fondi ingenti per ripristinare le sponde e fare la manutenzione

I danni da nutria al sistema idrico del Lodigiano valgono circa un milione di euro l’anno di interventi di manutenzione e ripristino: è la stima che il Consorzio Muzza può fare sulla base dell’esperienza diretta, in attesa del monitoraggio scientifico che il Consorzio ha già avviato.

A fare emergere l’evidenza dei problemi che le nutrie causano alle rive dei fossi e dei canali irrigui della campagna lodigiana è il prossimo intervento di sistemazione e messa in sicurezza della roggia Vesca a Galgagnano, opera da più di 200 mila euro che il Consorzio effettuerà con un contributo regionale appena arrivato per 191 mila euro.

La messa in sicurezza delle sponde si rende necessaria a causa degli scavi procurati dalle nutrie. E come per la Vesca, la stragrande maggioranza degli interventi del Consorzio Muzza sui canali irrigui lodigiani sono finalizzati al ripristino di sponde o di manufatti idraulici sotto scacco per la presenza di nutrie. «È difficile quantificare con esattezza i danni economici prodotti dagli scavi delle nutrie, ma è vero che la stragrande maggioranza degli interventi di manutenzione che compiamo in un anno dipendono da problemi causati da questi animali - spiega l’ingegner Marco Chiesa, direttore tecnico del Consorzio Muzza -. La cifra che si spende per questo tipo di interventi è di diverse centinaia di migliaia di euro l’anno, vicino al milione se non oltre. Potremo dirlo con precisione tra qualche mese. Infatti su indicazione di regione Lombardia e in collaborazione con la provincia di Lodi, abbiamo avviato un monitoraggio del fenomeno che ci porterà a una zonizzazione delle aree più colpite, con una classificazione dei danni, sia al sistema idrico sia alle colture, e una loro quantificazione». Questa prima fase di studio e comprensione del fenomeno servirà per avere un quadro preciso entro l’estate, con un’impostazione tecnico-scientifica sulla quale poter elaborare eventuali risposte.

«Questi animali di per sé non hanno alcuna colpa, fanno solo quello che è nella loro natura, cioè scavano, nidificano, difendono la prole e cercano il cibo - dice il direttore Chiesa -. Il problema è che nella campagna lodigiana hanno trovato un habitat ottimale, e per giunta con abbondanza di cibo, dal momento che si sono adattate e ormai cominciano ad attaccare direttamente anche le colture. Noi non ne facciamo una questione di contenimento o meno, ci limitiamo a registrare come la loro presenza influisca sul reticolo idrico, sulla campagna e sulle coltivazioni. Si pensi al pericolo di una sponda di un derivatore primario completamente bucata da gallerie: non intervenire può portare al collasso della riva, e un fermo obbligato di due o tre settimane per un ripristino in periodo irriguo può significare mandare a monte un intero raccolto, con centinaia di migliaia di euro di danni diretti all’economia».

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