Stremato dal pressing elettorale

In politica, le primarie sono un esempio di democrazia, ma forse hanno un senso in una competizione di vasta portata. In una tornata elettorale comunale, invece, soprattutto se la città interessata non riguarda un bacino elettorale vastissimo, fanno emergere qualche carenza strutturale. Personalmente, a poco più di due mesi dalle elezioni del nuovo sindaco di Lodi, posso dire di essere già stremato dal pressing elettorale dei potenziali candidati sindaci e, in qualche circostanza, dei loro fan. Sono, con buona pace dei principi elettorali della democrazia, un cittadino che vorrebbe essere cancellato – per le prossime settimane - dalle liste del proprio comune. Vorrei starmene in pace. Fate vobis! Preferirei non esercitare il mio diritto di voto. Infatti, mai come in questo periodo mi cercano tutti: amici che per anni non ho sentito, conoscenti che per strada m’ignoravano, interlocutori che improvvisamente si ricordano chi sono e perché mi trovo qui al mondo. Non ne posso più! Non solo ci si vuole accaparrare il mio voto, ma nei casi più estremi mi sono persino arrivate proposte indecenti, in quanto si vuole mettere il mio faccione su una lista, perché – per taluni – ho una dote fondamentale: non sono mai stato candidato sinora ad alcuna elezione, e ciò malgrado il mio mezzo secolo (una volta faceva suggestione!) d’età. Neppure come consigliere di condominio. Neanche in un circolo del Dopolavoro. Zero. Così, mi piovono proposte da destra e da sinistra, ma non sono più le destre e le sinistre dei miei tempi, perché – mi spiegano - forse si potrebbe mettere su una formazione di stampo civico, che s’ispira ad una destra che non è troppo a destra o ad una sinistra, che non è eccessivamente a sinistra. Non importano le mie idee politiche (a me da ragazzo piaceva tantissimo Benigno Zaccagnini, ma siamo nella preistoria; poi mi sono innamorato, politicamente parlando, di Leoluca Orlando, ma il flirt è durato poco; ed infine, ultimo amore incorrisposto è stato Walter Veltroni, dopodiché, ritiratosi lui, mi sono ritirato anche io dall’interesse politico). Importa soltanto che, anche solo all’apparenza, il sottoscritto sia una persona nuova in politica, possibilmente con una buona reputazione sociale (s’informino meglio: ho un pessimo carattere, sono polemico dicono); c’è bisogno di novità, le competenze semmai vengono dopo, e se non ve ne fossero, va bene ugualmente. Tuttavia non sono queste le pressioni che mi agitano. Sono altre. Mi stanno angosciando le richieste di voto dei potenziali sindaci. Finirà che dovrò andare da uno psicoterapeuta perché, anche durante i sogni notturni (o quelli della pennichella pomeridiana), nella mia mente assopita scorrono immagini di comizi e di tribuni del popolo che agitano le folle: ma in uno di questi incontri l’unico spettatore, grande elettore, nella sterminata piazza della Vittoria di Lodi, ero io. Ora, poiché il mio ultimo amore è stato Veltroni, la mia casacca politica quella è rimasta, anche se io l’ho ritirata dal campo: ufficialmente non la indosso più. Però l’area d’appartenenza è sempre la stessa, anche per esclusione essendo un bipolarista convinto da sempre, dai tempi in cui all’Università studiavo Diritto Costituzionale: io, siciliano tutto d’un pezzo, potrei mai votare per i lumbard secessionisti? Fra loro, ho carissimi amici, e gente che stimo profondamente: ma le ideologie per me hanno ancora un valore. L’ideologia è come dare la parola, o stringersi la mano a seguito di un’intesa: precede la classica firma sul foglio di carta. L’ideologia è respiro, modo di essere: è il biglietto da visita di una persona. La sua credenziale. La referenza. Il modo di essere. La mia ideologia, inevitabilmente, mi pone in una precisa area politica. Quindi, i concorrenti di quell’apparentamento interpartitico mi corteggiano, adulano le mie capacità politiche, le mie cognizioni concettuali, il mio sapere avere idee innovative (tutte cose di cui non mi ero mai accorto, ma quanto mi piace pensare che siano vere!), perché attraverso di esse passa il mio singolo, sparuto, piccolo, dal valore infinitesimale minuscolo voto di preferenza. Ma se non votassi per nessuno di loro, mi chiedo se queste mie capacità fossero ugualmente riconosciute. Il candidato di stampo modernista, benpensante ed intellettuale, direbbe subito di sì, ma saprei riconoscergli nel volto il senso della collera, il narcisismo borderline ferito, e la frustrazione che trattiene a malapena la propria rabbia; il candidato d’apparato si limiterebbe a verificare il proprio pallottoliere di voti e a depennarne una di pallina, e avanti col prossimo elettore. E così via tutti gli altri. Ciò non toglie che, singolarmente, nelle loro qualità umane, i candidati, quelli già noti e quelli che si aggiungeranno, siano tutte persone eccellenti. Ma la politica appiattisce, nei modi, e talvolta anche nei contenuti. Non resta, dunque, che aspettare la fine di questa infinita campagna elettorale, e quantomeno superare il giro di boa della primarie a sindaco di Lodi. A questo proposito, voglio sin da subito ufficializzare le mie intenzioni di voto: insomma, che vinca il migliore!

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