Recessione e cambiamento del clima

Secondo le stime correnti gli eventi estremi quali frane, alluvioni, esondazioni, uragani, bombe d’acqua e simili, che marcano l’attuale fase del clima, provocano ogni anno in Italia danni per un miliardo di euro. È’ da ritenere, tuttavia, che queste valutazioni siano largamente in difetto, perché prendono in esame gli oneri per il ripristino e la riparazione delle opere danneggiate o distrutte e l’eventuale risarcimento degli aventi diritto. Ma il conto è più salato se si considerano gli effetti negativi conseguenti alla mancata produzione e in generale all’indebolimento dell’apparato industriale, artigianale e commerciale: tracollo delle imprese destinate a chiudere o ridimensionarsi, perdita dei mercati, Prodotto interno lordo (Pil) in caduta libera, povertà e disoccupazione, crollo dei consumi. Per quest’anno, funestato da cicloni e bombe d’acqua di eccezionale violenza che devastano aree sempre più estese e con sempre maggior frequenza, le stime dei danni sono in netto rialzo. La sola regione Liguria, secondo dichiarazioni rilasciate dal presidente Claudio Burlando, denuncia danni per almeno 200 milioni e chiede allo Stato l’assegnazione urgente di stanziamenti speciali. Questo fa presumere, ragionando a spanne, che a livello nazionale i danni non siano inferiori a 4-5 miliardi. Anche l’agricoltura risente in modo drammatico dell’avverso andamento climatico, con decurtazione delle produzioni e deterioramento della qualità. Le previsioni evidenziano una forte caduta delle produzioni nei settori più importanti (vino, olio di oliva, grano duro, ortofrutta) con danni per il Made in Italy stimati dalla Coldiretti in 2,5 miliardi di euro. Sommando agricoltura ed eventi estremi le stime raggiungono 6,5-7,5 miliardi. Sono cifre importanti che frenano la crescita e possono obbligare il governo a ricorrere a una ulteriore pesante manovra economica. Che ci sia una relazione tra crisi economica e avverso andamento meteoclimatico, si desume anche dalla considerazione che l’Italia, che è uno dei Paesi più colpiti dalla crisi, fa registrare nel 2014, con riferimento all’area europea e secondo stime attendibili, il 20% circa dei tornado. Discorso analogo si può fare per la Francia, che versa in una grave quanto inaspettata crisi economica e al tempo stesso contende all’Italia il triste primato dei tornado pari al 17,2%. Questi dati avvalorano l’ipotesi inquietante che gli eventi estremi non sono estranei ai mali dell’economia nazionale e che pertanto non solo le ragioni economiche ma anche il cambiamento climatico potrebbe essere un fattore scatenante della recessione. Se dunque si cerca ansiosamente una crescita che non c’è e non può esserci e al tempo stesso si vuole evitare che la crisi sia senza ritorno, bisogna con grande urgenza dare una soluzione al problema ambientale in senso lato, con particolare attenzione alla cura del territorio, alla difesa del suolo e al contenimento del riscaldamento globale, ponendo così rimedio ad ataviche colpe dell’uomo, con la consapevolezza che i disastri climatici e ambientali provocati dalla civiltà industriale chiamano in causa tanto l’abuso di combustibili fossili, quanto le alterazioni apportate allo strato superficiale dei suoli quali cementificazione, deforestazione, costruzione di dighe, arretramento dell’agricoltura, prosciugamento di sorgenti e acque sotterranee, distruzione delle zone umide, ecc. Questo deve essere l’obiettivo prioritario, che però non rientra nei programmi dei nostri governanti. L’approvazione del D.L. 133/2014, il cosiddetto Sblocca Italia, dimostra che la politica di casa nostra va in tutt’altra direzione perseverando nell’errore di allungare a dismisura l’elenco delle Grandi Opere e dei Piani Casa, di cui non c’è alcuna necessità. E’ certo che la pesante infrastrutturazione prevista dal citato decreto, comportando l’apertura di migliaia di cantieri, può causare all’ambiente ferite insanabili e trascinare il Paese in uno spaventevole degrado.

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