Province si province no: ...e il futuro?

L’articolo 133 della Costituzione italiana non lascia spazio a interpretazioni di sorta. Recita: “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica”. Siamo ancora allibiti per il modo con cui, con tanta supponenza, leggerezza e faciloneria il governo Monti abbia preteso di cambiare la Costituzione con un semplice decreto, sopprimendo e accorpando le province italiane senza coinvolgere il parlamento. Era scontato che la Corte costituzionale dichiarasse l’illegittimità di una riforma avventata e del loro riordino, previsti nel decreto Salva-Italia con una riduzione in base a criteri di estensione e di numerosità della popolazione. Resta dunque in vita la Provincia di Lodi, ma non si sa fino a quando. Sui giornali di ieri tutti, ma proprio tutti, si sono precipitati a sbraitare contro il pronunciamento della Corte costituzionale che mantiene in vita un’istituzione indicata come “l’ente inutile degli stipendi inventati e delle clientele, la piccola patria degli usceri, il centro di spesa del keyneismo straccione…”.Abbiamo scritto e riscritto che cancellando le province italiane non si risparmierà un centesimo, a meno che non si vogliano licenziare tutti i loro dipendenti. Anzi: nel caso lodigiano, se si accentrassero a Cremona anche quelli delle soppresse Province di Lodi e Mantova, sarebbe necessario spendere un patrimonio per affittare (o costruire) gli edifici necessari a contenerli tutti quanti. L’Italia ha bisogno di un’istituzione intermedia che stia a metà strada tra Comuni e Regione. È un’istituzione che esiste in tutta Europa, ma che da noi vogliono abolire. Ve l’immaginate, in Lombardia, gli oltre 1500 Comuni che interagiscono direttamente con la Regione, la cui burocrazia è già elefantiaca quanto quella di un ministero? Si dirà che a questo punto sarebbe giusto unificare i Comuni, ma per farlo devono essere daccordo i loro abitanti. Nel Lodigiano i favorevoli a questo accorpamento sono soprattutto gli abitanti dei municipi più grandi, pronti a fare un boccone dei più piccoli, che ovviamente non vogliono saperne.Per questo, Giorgio Napolitano in testa, tutti esigono la cancellazione delle province. E se l’opinione pubblica chiede a gran voce la testa di “un ente inutile” da sacrificare sull’altare del taglio delle spese, facciamo pure quest’operazione di facciata. I ministeri romani, satolli di funzionari e di burocrati superpagati che si autorigenerano cambiando di posto a cataste di scartoffie, non chiedono di meglio. Loro sì che resteranno in vita a generare sperperi, altro che le province. Poveri noi.I lettori del “Cittadino” conoscono da lunga pezza qual è l’opinione di questo giornale sulle Province. Ne abbiamo fatto, fin dal 1965, il cavallo di battaglia per il rilancio e la promozione di un Lodigiano che stava morendo, dimenticato dalla grande Milano che aveva problemi immani da affrontare e risolvere. Abbiamo seguito il lungo cammino del Consorzio del Lodigiano, abbiamo combattuto le cento battaglie per riottenere quell’autonomia istituzionale che i piemontesi risorgimentali ci avevano scippato.E abbiamo sostenuto, anche in questi giorni, la bontà e la necessità del mantenimento in vita delle Province quale ente intermedio. È però vero che quando “Il Cittadino” si fece portabandiera della necessità di far nascere la provincia di Lodi – e le pagine del nostro giornale lo stanno a testimoniare – avremmo auspicato un’altra Provincia. Più snella, meno burocratica, con meno dipendenti e meno favoritismi di carattere politico. In questi ultimi tempi il Lodigiano ha avuto pari dignità tra gli altri territori della regione. E da trent’anni ogni volta che al Pirellone sono stati chiamati attorno a un tavolo i rappresentanti delle istituzioni di Lombardia, il Lodigiano è sempre stato tra gli invitati.Ciò che è stato ottenuto, grazie alla Provincia di Lodi, è lì da vedere. Gli stanziamenti sul potenziamento delle strade, delle infrastrutture, degli edifici pubblici e sul miglioramento stesso del tenore di vita sono stati otto volte superiori a ciò che ci veniva passato quando eravamo con la Provincia di Milano. Il territorio ha mutato volto, anche se tanto denaro è stato buttato dalla finestra (pensiamo, ad esempio, all’inutile, costoso e vergognoso catafalco - un vuoto “cardensòn” - costituito dal polo fieristico di San Grato, una vergognosa “opera pubblica” mangiasoldi realizzata senza criteri né prospettive).Quanto al futuro, non facciamoci illusioni, difficilmente le Province rimarranno in vita, e se verranno salvate non torneranno più a essere quelle di un tempo. Diventa allora urgente, per mantenere unita l’identità di questa terra, che i sindaci tornino a parlarsi per guardare lontano. Il commissario della provincia di Lodi o il neoeletto sindaco della città capoluogo chiamino a raccolta i rappresentanti dei nostri comuni. La costruzione di un futuro unito e solidale, per le nostre istituzioni, oggi passa attraverso i settanta gonfaloni.

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