Province, che fare per il futuro

Non avendola vissuta direttamente per motivi anagrafici, la battaglia per la costituzione della Provincia di Lodi mi è sempre stata rappresentata come una lotta epica; nella quale si sono evidenziate le peculiarità e le diversità del nostro territorio rispetto a Milano, ma anche la possibilità di vicinanza e ascolto che molti Comuni lodigiani avrebbero avuto con la costituzione della Provincia. Sono convinto che i benefici e i risultati dell’istituzione della nostra Provincia siano di gran lunga superiori ai costi o agli insuccessi, ma credo che la sollecitazione posta dal Direttore del Cittadino, oltre che condivisibile, non richieda un semplice esercizio sui pro e i contro, su ciò che è stato o non è stato, ma soprattutto sul che fare adesso.Non è quindi importante guardarsi l’ombelico o concentrarsi su come la politica governerà l’Ente (se come ente di secondo livello o a elezione diretta). Non stiamo parlando solo del Lodigiano, visto che tutte le Province verranno trasformate (non credo cancellate, visto tra l’altro che esistono in tutta Europa e non sono certo un’anomalia italiana), ma di come i Lodigiani possono concorrere a rendere più efficiente (e quindi anche più economica) la struttura intermedia rappresentata dalla Provincia, che deve essere si ripensata, non basandosi però sui soli limiti numerici di popolazione o di superficie di territorio, bensì guardando ai servizi, valutando ciò che serve e ciò di cui possiamo e dobbiamo fare a meno, così come concentrandoci su come possiamo fare meglio.Siamo in una fase non paragonabile a quanto avvenuto in passato, il rapporto politica e cittadini attraversa una fase molto critica, la spinta all’innovazione istituzionale, anche a livello locale, è molto fiacca anche a causa di difficoltà gestionali e amministrative maggiori rispetto ad un tempo e negli ultimi anni sembra essersi persino affievolito quel sentimento di appartenenza, motore di ogni azione, che invece può costituire ancora una formidabile occasione di unione.Si tratta, quindi, di trasformare la crisi (anche istituzionale) in un’opportunità. Se crisi può assumere anche il significato di cambiamento, il modo migliore per affrontarla è fare in modo che questi cambiamenti siano in senso evolutivo. §Serve quindi uno scatto territoriale. Il Lodigiano ha bisogno di recuperare un protagonismo nuovo, capace di guidare processi come la riforma della pubblica amministrazione, la necessità del rilancio delle attività produttive e del lavoro, oltre che il governo del territorio (PTCP).Nel tempo che passa tra la fine di questa legislatura provinciale e il nuovo ente che verrà, abbiamo quindi il dovere di mettere in atto la migliore difesa possibile della nostra autonomia, lasciando in eredità delle buone idee, proprio come abbiamo rilanciato politicamente all’interno del Consiglio Provinciale, riscontrando tuttavia una timidezza dalla quale è necessario liberarsi al più presto.Sarebbe da irresponsabili negare le necessità di riforma che attraversano la società italiana (e sulle Province è bene ricordare anche il referendum in Sardegna…); ma è altrettanto da irresponsabili pensare che al futuro ci devono pensare altri. Tale atteggiamento non è nel nostro animo e il principio della delega è un principio nobile solo se preceduto dal confronto.La proposta che quindi avanzo è la seguente: costituzione di un gruppo di lavoro istituzionale che ragioni sul futuro, composto da Comune e Provincia di Lodi, rappresentanza dei Comuni in base alla popolazione residente, coinvolgimento delle categorie economiche e sociali e formulazione di una proposta Lodigiana, da far pesare laddove serve. E tra quel che serve è quindi fondamentale essere consapevoli della necessità di coinvolgere i Lodigiani in un progetto di profondo cambiamento, che sappia produrre, come in passato, un risultato comune.

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