Petrolio Usa: il mondo è tranquillo?

C’è chi dice 2020, chi prima o dopo; ma tra qualche anno gli Usa torneranno ad essere il primo produttore petrolifero mondiale, a distanza di molti decenni da quando persero il primato a favore dell’Arabia Saudita. Questo per i nuovi sistemi estrattivi che hanno trasformato il Nord Dakota e altri Stati americani nella nuova mecca petrolifera. Già ora gli Usa sono ai vertici della produzione di gas metano, tanto da poterne utilizzare a costi di molto inferiori rispetto ai Paesi europei.Beati loro? Certo, ma questa rivoluzione energetica quasi sicuramente cambierà il volto del mondo intero. Anzitutto darà una poderosa spinta all’industria statunitense che, non a caso, sta riportando entro i confini parecchie fabbriche delocalizzate altrove negli anni passati. I costi energetici bassi compensano i maggiori stipendi che si pagano a Detroit piuttosto che in Messico o addirittura in Asia, per non parlare del taglio dei costi logistici.Ma l’indipendenza petrolifera - una legge degli anni Settanta impedisce per ora agli Usa di esportare petrolio, ma le leggi sono fatte per essere cambiate - avrà conseguenze di ben maggiore portata, e in un certo senso le sta già avendo, se i vertici dell’Esercito e porzioni di politica statunitense si stanno chiedendo se abbia ancora un senso mantenere la poderosa e costosa Quinta flotta Usa a guardia del Golfo Persico…Ciò vuol dire che il Medio Oriente, la preoccupazione numero uno della politica mondiale da mezzo secolo non fosse altro perché qui si estrae il vitale petrolio, scenderebbe rapidamente nella scala delle emergenze Usa. E sarebbe la Cina, principale acquirente del petrolio arabo e kuwaitiano, e del gas del Qatar, ad accollarsi l’onere di “sorvegliare” la zona. Con tutte le conseguenze del caso: immaginate quanto importi a Pechino del conflitto israelo-palestinese.Tra l’altro, sarebbe una Cina che acquisterebbe idrocarburi a prezzi ben più alti degli americani, vanificando in parte il proprio potenziale produttivo. E anche questo cambiamento avrà conseguenze notevoli per l’economia del mondo intero. I giacimenti del Golfo e quelli (immensi) che l’Eni ha scoperto in Mozambico saranno i “distributori” delle economie asiatiche: Cina, India, Giappone, Vietnam, Corea, Indonesia. L’America farà da sé: Usa, Brasile, Messico e Venezuela sono ai vertici produttivi, ed esporteranno anche in quell’Europa che non sarà più dipendente da petrolio e metano russi, com’è stato in questi ultimi anni.La Russia di Putin perderà quel potere (che oggi ha) di partner indispensabile per Germania e Italia, sarà solo uno dei tanti fornitori. In generale, anche questo secolo si presenta come fortemente segnato dagli idrocarburi - di cui la Terra è ancora ricchissima -, a scapito del nucleare (buona notizia), ma anche delle fonti rinnovabili (meno bene). Tant’è che il presidente Obama, che aveva puntato molto nel suo primo mandato sullo sviluppo delle energie rinnovabili, ha fatto un rapidissimo dietrofront: sono ancora troppo costose rispetto a metano e petrolio, e lo saranno a lungo.Non c’è da stupirsi, infatti, che le principali Case automobilistiche stiano sviluppando con estrema lentezza nuovi modelli di auto elettriche: non ci credono. Le motivazioni d’acquisto dei clienti sono ancora legate ai costi più che all’impatto ecologico dei mezzi.Infine l’Italia. L’energia a basso costo può dare nuovo impulso all’economia mondiale, favorire quella ripresa economica che ci vedrà al traino. Per un Paese come il nostro che dipende all’80% da costose importazioni, il calo dei prezzi non può che essere una buona notizia. Nel breve, no: Eni è invischiata in contratti con i russi a lunga scadenza e a prezzi che oggi non sono più competitivi. Ma sta lavorando per diminuire i danni, e il futuro si prospetta più roseo.Volendo, pure l’Europa potrebbe diventare un gigantesco produttore petrolifero con le nuove tecnologie che estraggono idrocarburi in porzioni di sottosuolo prima non sfruttabili. Ma questo a costo di una devastazione ambientale che pesa pochino nelle sconfinate e vuote praterie del Dakota o dell’Alberta canadese; molto nelle aree densamente popolate e paesaggisticamente pregiate di Germania, Francia, Polonia, Belgio. Meglio rimanere così come siamo, e comprare quel che il mercato ci offrirà in abbondanza e a prezzi calanti.Un post scritto. Petrolio abbondante, e prodotto in Paesi molto più “tranquilli” e meno problematici. Scommettiamo che diminuiranno - e di molto - guerre e conflitti di vario genere?

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