La difesa dell’agricoltura e la Costituzione

Nello spettacolo televisivo andato in onda lo scorso dicembre Roberto Benigni ha decantato le bellezze della Costituzione italiana, mescolando ad arte i toni del classico repertorio comico e grottesco con quelli seri e ispirati, in un monologo che ha avuto momenti pirotecnici ed esilaranti. Bella e fascinosa, soccorrevole, discreta, virtuosa, semplice e di poche parole, la Costituzione si muove in punta di piedi, per difendere la sacralità della natura, fare baluardo contro le forze del male, dell’ingiustizia e del disordine, dare una speranza ai poveri. Questa visione laica e affabulatoria non mi ha sorpreso, perché è in sintonia con le fulminanti omelie di don Oliviero, prete operaio all’Olmo, baffo imponente e volto granitico di legionario romano, che non si stanca di invitare i fedeli a conoscere, amare e praticare la nostra Costituzione che, a suo giudizio, può essere assimilata a un Vangelo piccolo, che integra e completa quello grande, da tutti conosciuto, ma non sempre praticato. Non mi ha sorpreso, ma piuttosto incuriosito. La nostra Costituzione ha pregi formali e sostanziali tanto straordinari? Ho voluto saggiare le sue pretese virtù concentrando la mia attenzione sull’agricoltura e limitandomi alle questioni essenziali. Perché l’agricoltura? Perché essa è impegno esistenziale dell’umanità, espressione fondante degli antichi e dei moderni Stati nazionali, scintilla del progresso e dell’emancipazione. “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”, sentenziò il Signore contro Adamo (Gn, 3.19).Non sono pochi i riferimenti diretti o indiretti all’agricoltura. Cominciamo con il comma 2 dell’art. 9, il quale così recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. La parola agricoltura non viene menzionata, ma non c’è alcun dubbio che la tutela del paesaggio rimanda necessariamente alla tutela dell’agricoltura, dal momento che questa concorre in misura predominante a formare i quadri paesaggistici. Insomma, esiste un paesaggio in quanto esiste un’agricoltura, articolata in specifici sistemi agro-forestali. Anzi, per maggior precisione, esistono molteplici paesaggi regionali, modellati nel tempo dalle culture locali. Tale tutela viene attuata con l’art. 44, il quale promuove la bonifica delle terre e la riforma agraria e pone dei vincoli all’estensione della proprietà fondiaria, evidenziando così una concezione rurale della società. Il punto centrale è, a mio avviso, quello che recita: ”la legge aiuta la piccola e media proprietà”. Questo aiuto è certamente mirato a garantire alla famiglia coltivatrice buoni profitti e a mantenere in vita le aziende. Le statistiche evidenziano che la dimensione media delle aziende italiane e lombarde, tende ad aumentare, sia pure di poco, e questo è un segnale incoraggiante che certifica che le politiche agricole attuate dal governo locale non sono poi tanto malvagie. La scomparsa delle aziende è una minaccia incombente perché morte, vecchiaia o malattia dell’imprenditore sono eventi possibili e imprevedibili. Se le aziende muoiono, altrettante devono nascere in modo da ristabilire gli equilibri. Ed ecco che scatta, provvido, il comma 2 dell’art. 47. Esso afferma con la consueta laconicità: “la Repubblica favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà diretta coltivatrice”. Tale obiettivo si raggiunge se le istituzioni incentivano la formazione di nuove aziende condotte da giovani imprenditori, distribuendo le terre demaniali abbandonate o sottoutilizzate. Si stima che queste ammontano a oltre trecentomila ettari. Una vera manna per la disastrata economia nazionale. Lo aveva promesso l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prima di lasciare l’incarico, lo aveva ribadito con toni solenni al Telegiornale della sera il subentrante Mario Monti a capo del governo tecnico, ma non se n’è fatto nulla, a dimostrazione che oggi la politica italiana vive di parole e di tanta retorica. L’art. 117, infine, elenca le materie di competenza regionale, per le quali la Regione ha titolo per elaborare norme legislative, il quale include il settore “agricoltura e foreste”.In conclusione, nella Costituzione c’è quanto basta per sostenere con decoro il mondo agricolo. Il punto è che essa, a parere della gran parte dei giuristi e costituzionalisti, è incompiuta per i contenuti sociali e quindi lontana dalle promesse della classe politica e dalle aspettative del popolo.

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