Il primo giorno di

monsignor Malvestiti

a Lodi

Nel primo pomeriggio di ieri ha visitato la cattedrale,

il palazzo vescovile, il tempio dell’Incoronata e

il seminario. L’incontro con la curia e i consultori

Monsignor Malvestiti entra in duomo dal cortile dei canonici. Si ferma in preghiera davanti alla statua del Sacro Cuore, nell’atrio dove giganteggia il busto del vescovo Benedetti, ai piedi dell’imponente affresco del Giudizio Universale. Poi passa nella prima navata, il suo sguardo si perde verso le volte. E mormora: «Non me la aspettavo una cattedrale così…». Sono le tre del pomeriggio.

Il vescovo eletto è arrivato nella tarda mattinata di ieri a Lodi, per restituire a monsignor Merisi la visita ricevuta venerdì scorso a Roma. E per la prima volta ha messo piede in città. Lo ha detto in più occasioni: nei suoi anni trascorsi quale vicerettore del seminario di Bergamo aveva avuto modo di visitare tutte le cattedrali di Lombardia, fuorché Lodi. E in questa sua nomina a vescovo proprio di questa città ha visto un segno del destino. E’ rimasto molto colpito dalla maestosità del palazzo vescovile, dove si ferma a pranzo, accolto dall’amministratore apostolico e dal vicario generale Iginio Passerini. Attorno alle 14.30, scendendo dallo scalone d’onore, incontra alcuni esponenti degli uffici di curia, a partire dal cancelliere vescovile Gabriele Bernardelli, e alcuni insegnanti del seminario. Poi entra in cattedrale.

Quest’ultima è deserta, è troppo presto per l’apertura ai fedeli, e così può visitarla in tutta tranquillità, accompagnato dal parroco don Franco Badaracco che si profonde nelle illustrazioni e nell’indicare i particolari dell’antico monumento. Una sosta, in ginocchio, nella cappella del Santissimo.

Guidato da monsignor Merisi e monsignor Passerini, scende nella cripta. I pannelli sbalzati che coprono le urne dei due patroni, San Bassiano e Sant’Alberto, sono stati rimossi nella mattinata, i due scheletri rivestiti dai sontuosi paramenti episcopali brillano dentro i rispettivi reliquiari. Maurizio Malvestiti si inginocchia davanti a San Bassiano e a voce alta prega e invoca la protezione del patrono sulla Chiesa di Lodi, sul vescovo Giuseppe, sul vescovo eletto, sui sacerdoti, i religiosi, gli ammalati, gli anziani, i bambini. Su tutto il popolo di Dio.

Si sofferma in preghiera anche davanti all’altare di Sant’Alberto, il prete di Rivolta d’Adda diventato vescovo di Lodi e compatrono della diocesi. Don Badaracco gli mostra le statue immote dei Caragnòn del dom; lui, il futuro vescovo, è curiosamente attratto dalla statua di Madre Cabrini, la lodigiana proclamata patrona dei migranti.

Il gruppo, presente anche monsignor Bernazzani presidente del capitolo, raggiunge quindi il sepolcreto dei vescovi di Lodi. Monsignor Malvestiti si ferma a leggere il nome di ciascuno di essi. Riconosce le figure di Giovanni Battista Rota («Vescovo bresciano – dice – ma di una famiglia di origini bergamasche») e di Tarcisio Vincenzo Benedetti, il restauratore della cattedrale, pure bergamasco, nativo di Treviolo. Interviene il direttore del “Cittadino”: «Eccellenza, qui manca la salma di uno dei nostri vescovi più grandi: monsignor Gaetano Benaglio, originario della sua terra. Morì a cent’anni e il popolo si levò in tumulto perché non voleva che venisse sepolto a Bergamo. Bisogna fare di tutto per riportarlo a Lodi, in questa cripta». Il successore di monsignor Benaglio ne conosce le vicende, racconta un aneddoto su di lui, e sorride…

La visita alla cattedrale prosegue. Davanti alla lapide che ricorda la presenza in città di un grande Papa – Karol Wojtyla – Maurizio Malvestiti si ferma, nota quasi con sorpresa la selva di lumini accesi ai piedi del bassorilievo e si lascia andare: «Ho avuto la fortuna di conoscere di persona due santi – dice – il Papa Giovanni Paolo II e Maria Teresa di Calcutta. Non li dimenticherò mai più».

L’uscita, sulla piazza, lascia il vescovo eletto a bocca aperta. Come lo ha stupito la vastità della cattedrale, a lasciarlo quasi sbigottito è l’estensione della piazza della Vittoria, la sua inconfondibile bellezza, il rincorrersi delle colonne di granito dei portici, il risàd assolato nel primo giorno di settembre. Non manca la foto di gruppo con i sacerdoti presenti tra i due leoni del duomo, il reporter Borella mette tutti in riga, poi monsignor Malvestiti si spinge fino al centro della piazza, per ammirare nella sua maestosità la facciata del duomo. Qualcuno gli fa notare che a Lodi, contrariamente a mille altre città d’Italia, la facciata della cattedrale e quella del palazzo dei consoli non stanno l’una dirimpetto all’altra, ma guardano nella medesima direzione. Tra i due edifici, quasi a suggellare questo “impegno” nel lavorare insieme alla ricerca del bene comune, i lodigiani hanno issato il busto del fondatore della città: Federico I° il Barbarossa.

A seguire, una velocissima visita al gioiello di Lodi, il tempio dell’Incoronata. L’edicolante della piazza gli corre incontro. Qualcuno tra i passanti gli si avvicina: «Volevo permettermi di porgerle gli auguri, l’ho riconosciuto, ho visto la sua fotografia sulle pagine del Cittadino…». Il vescovo, sorridente, stringe la mano a tutti. Con un bimbo si ferma a chiacchierare, gli chiede come si chiama.

Anche l’Incoronata lo lascia a bocca aperta. L’alto ponteggio che copre un lato dell’ottagono - la cappella del Crocifisso è in corso di restauro grazie a un coraggioso intervento del Rotay – non sminuisce la rutilante bellezza del tempio che uno dei visitatori più illustri ha definito “la bomboniera di Lodi”. Il rettore, don Pino Cipelli, fa da guida a monsignor Malvestiti e lo conduce anche dietro l’altare e nelle sacrestie.

Un ritorno in cattedrale, che questa volta ammira dall’alto, dopo essersi concesso alle “torture” dei giornalisti di Tele Pace e di Radio Lodi. Rientra nel palazzo vescovile attraverso la sala degli armari, dopo aver salito lo scalone mozzafiato che conduce al museo diocesano d’arte sacra.

Il futuro vescovo di Lodi guarda preoccupato l’orologio. Ad attenderlo c’è un incontro con il collegio dei consultori, con i quali abbozza le date che in quel momento stanno a cuore a tutti i presenti: il giorno della sua consacrazione episcopale e quello del suo ingresso in diocesi. Date che saranno ufficializzate nella giornata odierna, e che presumibilmente cadranno nel mese di ottobre. E la consacrazione non sarà tenuta a Bergamo – come la scorsa settimana era trapelato – ma dovrebbe svolgersi a Roma.

L’ultima visita è riservata al palazzo del seminario, che con la sua imponenza troneggia in via XX Settembre. Qui Maurizio Malvestiti incontra monsignor Giacomo Savarè, un pezzo della storia contemporanea della diocesi di Lodi: docente in seminario per 35 anni, per diciotto anni segretario del vescovo Benedetti, poi vicario episcopale del vescovo Oggioni, quindi cancelliere con i vescovi Magnani e Capuzzi, arciprete del capitolo con il vescovo Merisi.

Il vescovo eletto lascia Lodi attorno alle 16.30, diretto alla stazione centrale di Milano, dove alle 18 sale sul Frecciarossa che lo conduce a Roma.

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