Il nucleare? Sì, ma con i carri armati

Chi contava sulla ripresa del nucleare può mettersi l’animo in pace. Dopo la mazzata giapponese, altro che “rinascimento”, come qualcuno con ottimistica precipitazione si era affrettato a chiamarlo! Se non è la morte poco ci manca, visto il ripensamento a livello mondiale da parte dei Paesi che avevano in programma piani energetici basati esclusivamente, o in prevalenza, sulla scelta nucleare. Però in Italia le preoccupazioni degli antinuclearisti sembrano decisamente inutili: adesso, che sono manifestate con maggior forza polemica, come lo sembravano (lo erano) in precedenza, prima dell’incidente giapponese. C’è ancora qualcuno che crede che qui in Italia si faranno le centrali nucleari? E chi è l’illuso? L’onorevole Di Pietro, con il suo referendum antinucleare che rischia di essere altrettanto inutile? Perché qui in Italia – siamo seri – le centrali nucleari non si faranno mai. Chi ancora non l’ha capito faccia tesoro. In Italia si parla di centrali nucleari, come a suo tempo si parlava (e difatti si è parlato, senza costrutto) del deposito nazionale scorie nucleari, quanto poi a farle, beh… campa cavallo che l’erba cresce. Non si faranno mai per il semplice motivo che non si troverà mai il luogo adatto. E non si troverà mai il luogo adatto perché non ci sarà mai il consenso di chi – regione, provincia, comune, comunità, semplice cittadino – sarà condannato (stavamo per dire “prescelto”) a subire quella, che a torto o a ragione, è considerata un’autentica iattura. È un po’ come la storiella del condannato all’impiccagione il quale, per ultima grazia, aveva chiesto e ottenuto di potersi scegliere l’albero su cui essere impiccato. Gira che ti rigira, questo troppo basso, quello troppo alto, quello troppo frondoso, alla fine l’albero adatto non si trovava mai. Talché, in attesa che crescesse quello giusto, l’esecuzione fu rinviata sine die. Idem per le centrali nucleari. L’esecuzione non avverrà mai, per il semplice motivo che mai si troverà l’albero, pardon, il luogo adatto. A meno che… A meno che il Governo non voglia adottare una delle due uniche strategie possibili perché, qui in Italia, si possa pensare di costruire seriamente, non a chiacchiere, qualche centrale nucleare. Una strategia “dura”, una “morbida”. La prima, quella dura: decidere in gran segreto la scelta del luogo, dopo di che recintarlo con filo spinato e farlo presidiare giorno e notte, fino a conclusione dei lavori, dai carri armati con la minaccia di sparare a vista sui “facinorosi” che volessero opporsi alla costruzione. La strategia morbida: promettere (e poi logicamente mantenere) che tutti gli abitanti nel raggio di 100 km dalla centrale non pagheranno più la bolletta elettrica e, nel contempo, assicurare ai medesimi abitanti un vitalizio a titolo di risarcimento per il disagio psicologico patito. Tertium non datur. Perciò gli antinuclearisti si mettano anche loro l’animo in pace e dormano sonni tranquilli. Le centrali nucleari se le sognano. Un’ultima annotazione. La faccenda dei carri armati non sembri inverosimile. Il governatore Nichi Vendola è stato chiaro: “In Puglia per aprire un cantiere nucleare dovranno venire con i carri armati”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA