Il fumo della propaganda senza idee

Ma come si è ridotta la Lega? I Ministeri vanno diminuiti, non trasferiti. E vanno trasferiti i poteri, non le poltrone dove siedono i leghisti. C’era attesa per il discorso di Umberto Bossi a Pontida, il popolo verde aveva bisogno di capire le intenzioni dei vertici dopo le ultime débacle elettorali. al punto che la base ha reclamato la rottura dell’asse col Cavaliere, come scelta da prendere per salvare il partito. Lo strappo però, com’era prevedibile, non è arrivato, sono arrivati solo una serie di ultimatum nei confronti del governo, nel tentativo di dettare l’agenda: spostamento dei ministeri a Monza, conflitto in Libia, patto di stabilità. Ma la sensazione che rimane all’indomani di Pontida è che dietro il fumo della propaganda non ci siano più idee. Si è avvertita la delusione, si è capito che non c’è più alcuna spinta, che siamo al galleggiamento. Ormai è chiaro che sono barricati nel palazzo e a questo punto bisogna solo vedere quanto reggeranno, perché il vuoto c’è e si sente, anche perché la Lega governa da otto anni negli ultimi dieci e i risultati non ci sono né per il Nord, né per l’Italia e non ci sono neanche per la Lega. Lo spostamento dei ministeri al nord non interessa i cittadini. Quello che veramente interessa è il funzionamento della macchina pubblica, sia quando si parla di rappresentanze dello Stato, della Regione, della Provincia o dei Comuni. Per non parlare di tribunali, ospedali, scuola, trasporti e quant’altro. Certo, se io fossi un militante della Lega sarei disorientato nel vedere il Parlamento, 48ore dopo l’appuntamento di Pontida, votare un ordine del giorno per dire che mai e poi mai si sposteranno i ministeri, oltre a sostenerne un altro in cui si dice chiaramente che sono respinte le borie della Lega. Di sicuro qualcosa si è rotto e quel che più infastidisce la base è che questo modo di agire distrae dai reali problemi degli italiani, primo fra tutti il lavoro.Verrebbe quindi da dire: molto rumore per nulla, la Lega ancora una volta abbaia ma non morde. Quel che stupisce, di fatto, è che nella critica al Governo e alle sue politiche, non vi sia la minima autocritica: la ricerca si concentra solo sulle colpe da mettere in capo ad altri. Ma la Lega è un partito che siede a Roma e in questi anni ha sostenuto tutte le leggi della cricca ed è stata la forza più fedele a Berlusconi, al punto che non lo può “mollare”, perché significherebbe confermare tutte le critiche che da tempo facciamo al Governo, giustificare lo strappo di Fini e il reiterato rifiuto dell’Udc ad entrare nell’esecutivo. Bossi è quindi complice e nello stesso tempo prigioniero di Berlusconi e la fine dell’uno è la fine dell’altro, al punto che lo stato maggiore della Lega l’ha capito ed è parso più attento alla «successione» che alla «secessione», tant’è che nemmeno un allenatore dell’esperienza di Trapattoni sarebbe riuscito a mettere in atto una marcatura “a uomo” così stretta come avvenuta sul palco di Pontida.In termini generali, quanto detto al raduno leghista si basa su una ragione meramente strumentale, ovvero la costatazione che «il vento sta cambiando, e ora - se si andasse al voto - è favorevole alla sinistra », una frase che dimostra come le poltrone romane piacciano al punto tale che qualcuna la si vorrebbe più vicina a casa. Ma i sentimenti della base sono molto diversi, da qualche tempo si ha l’impressione che l’alleanza con il pdl (ormai alla deriva) abbia indebolito il fiuto politico del «capo padano», basta pensare all’invito di non andare a votare al referendum, sonoramente disatteso dalla sua base, oppure il poco entusiasmo suscitato in merito alla riforma fiscale, un motivetto che risuona da ormai 17anni e che non ha mai prodotto alcunché, anzi. Si può desiderare tutto, ma non è possibile fuggire alla realtà come stanno facendo il Governo e la Lega. La riforma fiscale è necessaria ma non può essere fatta in disavanzo: è necessario un taglio alle spese che non penalizzi la crescita, ma che consenta un trasferimento di risorse verso obiettivi di innovazione e di modernizzazione, una ridistribuzione del carico fiscale sui redditi più alti e un intervento sulle rendite finanziarie. Settori nei quali il centrodestra si guarda bene dall’intervenire, mentre gli altri argomenti citati (come la riforma istituzionale, sulla quale siamo d’accordo, in modo particolare per la riduzione dei parlamentari e per una nuova legge elettorale) appaiono ormai armi spuntate in mano alla Lega, perché mai approdati a risultati concreti dopo tanti anni nella stanza dei bottoni, facendogli quindi perdere credibilità.Per quanto riguarda invece la missione militare in Libia, quel che sorprende è che la richiesta di far cessare l’intervento non è dettata da ragioni umanitarie o politiche, ma da ragioni economiche e per bloccare gli immigrati. Era chiaro fin dall’inizio che le persone sarebbero fuggite (e già fuggivano prima dell’avvio dell’intervento della Nato) e un Governo saggio, visto che ne aveva anche il tempo, avrebbe dovuto predisporre un piano di accoglienza temporanea e di responsabilità europea. Invece dopo le polemiche con l’Europa nulla è avvenuto e oggi regna la confusione nella gestione dei profughi, al punto che gli Enti Locali vengono sistematicamente bypassati ed è quindi necessario, per reggere alla delusione dell’elettorato, rispolverare il ritornello (dire più che fare) del rimpatrio forzato e del prolungamento della detenzione amministrativa con il rischio di trattenimenti sommari e «collettivi». La nostra credibilità internazionale se n’è andata da tempo, come ben sa il Presidente Napolitano, tant’è che in termini politici appare drammatico come l’Italia, che è uno tra i dieci Paesi più importanti del mondo, sia relegata al ruolo di semplice spettatore di fronte ad eventi che avvengono ai nostri confini e che interessano tutta l’area del Mediterraneo, al punto da renderci incapaci (noi, che siamo la porta verso l’occidente e principali partner commerciali di molti Paesi coinvolti negli avvenimenti degli ultimi mesi) di dettare una linea che metta in atto le necessarie vie diplomatiche per risolvere la situazione. C’è però un elemento sul quale concordiamo con la Lega: la revisione del patto di stabilità. Lo diciamo da anni, tanto più di fronte alle scelte sbagliate fatte da questo governo, che ha fatto aumentare il debito pubblico e crescere la spesa corrente dei ministeri. Più che un piano di grandi opere, per ridare ossigeno all’economia locale ed ai territori, serviva e serve un grande piano di piccole opere, facilmente cantierabili dagli Enti Locali, pronte ad essere realizzate in brevissimo tempo. Il Governo però ha già fatto carta straccia del pronunciamento pressoché unanime del Parlamento, che due anni fa aveva votato un ordine del giorno proposto dal PD per l’allentamento del patto di stabilità per i Comuni. La strada scelta, infatti, è stata un’altra. Anziché permettere agli Enti Locali di spendere i soldi che hanno, il centrodestra ha preferito interventi di facciata: Alitalia, eliminazione Ici per tutti (noi l’avevamo già tolta a chi ne aveva realmente bisogno, non anche ai milionari), incentivi agli straordinari quando si aprivano le casse integrazioni, ponte sullo stretto di Messina, ecc.. E tutto ciò è stato fatto quando c’erano già i segnali della crisi globale, prevista dal Pd come difficile e duratura, ma negata dal centrodestra. Un giochino che è costato qualcosa come 15miliardi di euro: soldi che avrebbero fatto molto comodo alle imprese e al lavoro degli italiani.Verrebbe da dire meglio tardi che mai, ma questa è tutta un’altra storia, che sarà il Pd a dover scrivere.

Il presente costituisce il secondo di una serie di articoli che abbiamo chiesto a personalità spiccate del nostro territorio circa il recente raduno di Pontida. Il primo articolo (uscito ieri 22 giugno) era di Pietro Foroni presidente della Provincia di Lodi

“Il Cittadino”

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