È vero, l’intelligenza è femminile

Per Alphonse Karr, scrittore e giornalista francese di fine ottocento, famoso per i suoi aforismi, «la donna, nel paradiso terrestre, ha morso il frutto dell’albero della conoscenza dieci minuti prima dell’uomo: da allora ha sempre conservato quei dieci minuti di vantaggio». Sono d’accordo con lui. Del resto se nella scuola le studentesse ottengono risultati più lusinghieri in quasi tutte le materie; se al termine del corso degli studi le ragazze riescono a diplomarsi o a laurearsi con un punteggio finale che il più delle volte fa “disperare” i maschietti; se in ambiti sociali, politici e di lavoro molto spesso siamo testimoni di grandi esempi femminili, allora vuol dire che il nostro scrittore ha proprio ragione. Il vantaggio simpaticamente ricordato da Alphonse Karr ha una sua ragion d’essere che trova certezza in un fatto culturale piuttosto che in una statistica. E se è così allora è innegabile che anche in campo scolastico le ragazze mantengono quei famosi dieci minuti di vantaggio. Dunque le studentesse se la cavano meglio e più degli studenti a scuola? Direi proprio di sì. Ma se dovessi allargare l’orizzonte allora si viene a scoprire che in tutti i campi la qualificata presenza femminile non ha nulla di cui far rimpiangere l’eventuale mancanza di quella maschile. Anzi. In certi particolari campi la donna riesce meglio dell’uomo nel raggiungere gli obiettivi prefissati suggellati dai migliori risultati. Del resto la presenza femminile, nei diversi ambiti, è diventata predominante nel pubblico come lo è particolarmente forte nel privato. Ritengo oltremodo opportuno sottolineare la particolare sensibilità femminile presente in campo culturale. La letteratura nazionale e internazionale offre all’approfondimento critico grandissimi esempi di donne. E questo non soltanto in epoca recente. Pericle, ad esempio, dai suoi contemporanei soprannominato faccia da «schinocefalo» per via della «testa a forma di cipolla» e per questo mai ritratto senza l’elmo in testa, amava circondarsi di uomini di cultura, ma è vero anche che tra questi primeggiava una donna: Aspasia di Mileto. I maligni (che non sono mai mancati nella storia), dicevano che la bell’Aspasia primeggiasse anche in «ars amatoria» proprio perché amante del sovrano, e per questo da lui smisuratamente sponsorizzata. Può darsi pure che abbia rallegrato le serate del grande re, ma di lei si dice che era una donna colta e raffinata e il suo salotto letterario era il più frequentato di Atene. E poi non va dimenticato che è stata l’insegnante di retorica (e di qualcos’altro?) di Socrate. Tanto basta per assegnarle un posto d’onore nella cultura dell’antica Grecia. Una qualificata presenza femminile troviamo anche nella scuola di Pitagora. Cosicché il pensiero pitagorico deve molto anche a filosofe come Teano, Melissa e Miia che meglio di qualche maschietto riuscirono a trasmettere il pensiero filosofico del grande maestro di Crotone. Delle tre Teano è la più interessante con la sua «Pedagogia del silenzio» a difesa dell’iniziazione a cui erano sottoposti tutti i neo discepoli ridotti al silenzio per i primi cinque anni prima che si potesse concedere loro di rivolgere la parola al maestro. Una specie di «gioco del silenzio» che molte maestre organizzano nelle classi con i bambini per ottenere qualche minuto in santa pace. Molte altre figure femminili meriterebbero di essere ricordate, ma preferisco riportare la riflessione su un terreno, per così dire, più contemporaneo per sottolineare l’importanza della qualificata presenza femminile nei vari ambienti sociali, culturali, politici e ora anche sportivi. Il riferimento va alle olimpiadi in corso a Londra dove fanno ancora discutere i tempi ottenuti dalla sedicenne nuotatrice cinese Ye Shiwen che ha sbaragliato persino i più quotati nuotatori maschietti. Anche la scuola ha le sue primatiste nelle diverse materie. Se le studentesse primeggiano nel rendimento scolastico (tranne che nella matematica dove pare rimane ancora incontrastato il primato degli studenti), altrettanto si può dire delle insegnanti che oltre a mettere in netta minoranza la presenza degli insegnanti maschi in tutti gli ordini di scuola, riescono ad affermarsi per professionalità e cultura, prestando, talvolta, servizio proprio in ambienti socialmente degradati dove più difficile è l’opera educativa. Non che questo rappresenti un problema. Al contrario. Ci sono delle docenti che riescono a trasmettere cultura e conoscenza in modo talmente emotivo e motivazionale, da rimanere per sempre un punto di riferimento nei ricordi dei propri allievi. Il problema, se mai ce ne fosse uno, è di altra natura e pone, per questo, dei seri interrogativi. Se è vero che l’insegnamento è ormai diventata una professione al femminile, non credo che il motivo fondamentale per cui gli uomini si allontanano dalla docenza, che pur mantiene un suo fascino professionale, sia di tipo economico come pare emerga da un consolidato luogo comune. Ci sarà pure questo tra i motivi, ma non può essere considerato predominante. Sono dell’avviso che accanto a questo, non manca un dato culturale che, sia pur erroneamente, mette sempre la donna in primo piano davanti al tema educativo. Prova ne è che la storia ci ha sempre presentato la donna come l’unica e esclusiva depositaria dell’attività educativa dei propri figli. E’ come dire che ad educarli deve pensarci sempre e solo la donna. E invece, in tema di educazione non esiste un primato di tipo genetico. Ad educare i figli devono essere entrambi i genitori. E se questo è vero, allora è altrettanto vero che davanti agli alunni è bene che ci siano entrambe le figure educative. Ciò vuol dire che bisogna dare spazio tanto alle donne quanto agli uomini, e questo sin dalla scuola materna. E’ finita, dunque, per sempre l’era delle donne a casa? Sì, grazie anche ai nuovi orizzonti che hanno aperto ampi varchi all’operosità femminile. Una stranezza però è da rilevare. Non ricordo, ad esempio, una sola donna che sia andata in sposa a qualche filosofo. Socrate fa eccezione. Lui ha sposato Santippe. Un disastro! Ma l’eccezione conferma la regola.

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