E i cattolici dove sono finiti?

Bersani vince il ballottaggio del centro-sinistra con largo margine. Il fatto, pur largamente previsto e prevedibile, dovrebbe avere un effetto di assestamento. Allontana la pur necessaria prospettiva di un big-bang degli schieramenti e potrebbe garantire alla cosiddetta seconda Repubblica un “tempo supplementare” di una ulteriore (forse breve) legislatura. La riforma elettorale, tanto invocata a parole, infatti sembra in questo momento più lontana e la prospettiva sembra, a parti inverse, quella del 2008, con una vittoria annunciata.Tuttavia, qui cominciano le incognite, numeriche e politiche.Quelle numeriche sono legate alla difficoltà di prevedere la composizione del Senato, legata alle diverse dinamiche regionali, anche in caso di voto con l’attuale sistema e di affermazione dello schieramento guidato da Pier Luigi Bersani (classe 1951).Quelle politiche richiamano il profilo dell’offerta politica per quella parte maggioritaria dell’elettorato, tra il 60% e il 70% che certamente non voterà per lo schieramento Bersani. Il M5S di Grillo (classe 1948) arriverà davvero almeno al 15%, man mano che l’elettorato conoscerà meglio i cosiddetti “grillini”?È certo, comunque, che la migliore pubblicità per il M5S continua a essere quella offerta dalle forse politiche cosiddette “tradizionali”, incapaci di decidere sulle questioni che per l’elettorato sono le più sensibili, i conti e i costi della politica e i conseguenti privilegi.Siamo così, se sottraiamo la quota Lega, che oscilla tra il 5% e il 10%, e i pochi punti della sinistra non coalizzabile, all’area ulteriore, che in Europa omogeneamente fa riferimento al Ppe, ma che in Italia è da una parte ancora legata all’antica leadership di Berlusconi (classe 1936), dall’altro spera in quella di Monti (classe 1943). È un’area fortemente disomogenea, che contiene punte di protesta radicale e pezzi di establishment, e che dunque chiamare “moderata” non è filologicamente esatto. In ogni caso soffre oggi di un drammatico problema di carenza di offerta politica e di leadership. Paradossalmente il suo leader potrebbe essere Renzi (classe 1975), se si giocasse a Risiko e non alla politica italiana.Difficile dunque pensare che nei pochi mesi che ci separano dalle elezioni, la cui data e la cui legge dipende peraltro da diverse variabili ancora incerte, i quesiti sull’offerta politica per questa (maggioritaria) area residua trovino risposta.C’è, però, un’incognita positiva.Viene da quella presenza cattolica che caratterizza tutte le forze politiche attualmente presenti in quella scomposta fetta di arco politico, dall’Udc a Verso la Terza Repubblica, al Pdl nelle sue varie anime e strutture, alle grandi organizzazioni di rappresentanza sociale, che tradizionalmente sostengono elettoralmente un’offerta politica moderata. I tempi ancora ci sarebbero: si attende non tanto un (grande) leader, quanto un’abile squadra di lavoro, capace di assumere rischio politico e, dunque, responsabilità di proposta. Purché l’attesa non sia quella icasticamente espressa nel celeberrimo titolo di una famosa opera di Samuele Beckett, che neppure vale la pena di citare, ma che, sessant’anni dopo, è sempre attuale.

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