Diciotto mesi di cura costituente

Abbiamo i nomi, un calendario e un quadro normativo. Il cammino delle riforme istituzionali (e costituzionali) è ufficialmente iniziato. La legge costituzionale in corso di approvazione fissa il termine che il governo (di concerto con la presidenza della Repubblica) aveva indicato: 18 mesi. Sono tutte, finalmente, buone notizie. Il tema si agita dal 1979: si è discusso molto, si è fatto qualcosa, ma a spizzichi e non senza contraddizioni. Tanto più che è molto difficile prendere decisioni.Non è una priorità dell’opinione pubblica, la gente spesso risulta infastidita dalla complessità delle questioni istituzionali e dalle strumentalizzazioni politiche. Ma è una evidente priorità per un sistema-paese che, tanto più in questa fase di crisi, deve rendere più legittimate, più efficienti e più forti e stabili, oltre che meno costose, le sue istituzioni.Questa duplice constatazione può disegnare alcune condizioni (necessarie e non sufficienti) perché il processo riesca, o almeno per affrontarlo con realismo e fiducia. Innanzi tutto deve essere chiaro che la seconda parte della Costituzione deriva dalla prima. Cioè le scelte tecniche sono comunque al servizio di precisi obiettivi di democrazia. A partire dalla più eclatante, a proposito dell’elezione diretta del Capo dello Stato e dei suoi poteri. Basta guardarsi attorno in giro per l’Unione Europea e nel mondo occidentale: vi sono vari modi per rendere forti e stabili le istituzioni, capaci di decisione, di rappresentanza e di partecipazione. Quello che conta è avere ben chiari gli obiettivi e gli interessi in gioco, oltre che le garanzie per tutti. E così si può scegliere serenamente.Siamo così alla seconda condizione, il realismo. E’ sbagliato sovraccaricare di attese il processo di riforme, anche perché questa è la strada migliore per strumentalizzarle, cioè perché partiti e gruppi, oggi tutti assai deboli, combattano sul piano delle riforme istituzionali battaglie politiche.Eccoci allora al terzo punto: la determinazione. Le riforme istituzionali e costituzionali non si possono fare solo a tavolino. Certo servono buone soluzioni tecniche, meglio se semplici e chiare. Ma condurle in porto comporta una buona e alta politica. Hanno bisogno di una regia. Dato che – fortunatamente - non può essere di uno, deve essere di molti, tra loro coordinati. Forse la debolezza di tutti, oggi, può aiutare a lavorare insieme e a produrre risultati. Infine le riforme istituzionali sono collegate con due questioni sistemiche. La prima è la sostenibilità dei conti pubblici, la seconda la nostra credibilità nell’Unione Europea e nei club mondiali del G 8 e del G 20. Dove stiamo perdendo posizioni.Per questo occorre mettersi subito, con fiducia, al lavoro. Bene si è fatto a prevedere forme di partecipazione e di consultazione larga ai lavori per le riforme. Perché questa occasione non sia sprecata. Ma contribuisca a farci ripartire davvero.

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