Colatore Muzza, l’assenza di competenza

Caro Direttore, la tempesta sulla vicenda del Colatore Muzza sta forse passando, ma nulla è ancora sicuro, quantomeno nel momento in cui scrivo. I danni all’ambiente e al paesaggio ci sono, sono cospicui e c’è allarme per quel che potrebbe accadere nel “cuore” del Colatore Muzza, fra Mairago e Turano.Dopo due mesi di battaglia serrata, in gran parte svoltasi sulla rete e sul Cittadino (e nel silenzio di altri interlocutori, diciamolo) è tempo di interrogativi. Uno su tutti: come è potuto accadere quel che è accaduto in un momento in cui tutti parlano di grandi bellezze, di ambientalismo, di arte-natura-cultura che vale più della Fiat? La mia sarà una riflessione in più articoli. Un pò lunga ma forse utile per chi governerà il territorio nei prossimi anni, visto che siamo vigilia di un ricambio generazionale fra i sindaci e la Provincia è spacciata. Come è potuto accadere, dunque? Come ha potuto, la filiera partita dallo Stato (finanziamenti sulla sicurezza idrogeologica), arrivata in Regione Lombardia (smistamento degli importi), passata negli STER (ricezione delle quote di competenza provinciale) e infine planata nei comuni (esecutori di fatto), partorire interventi rivelatisi dannosi, costosi, contraddittori e senza ricadute ampie per il lavoro locale ?Oppure, se vogliamo invertire i quesiti, come è possibile che uno Stato che potrebbe vivere vendendo bellezza, natura, cultura e paesaggio finanzi, in una delle sue infinite branche romane, iniziative nominalmente sacrosanti come il dissesto, che arrivati in Lombardia subiscono metamorfosi (“interventi sulla sicurezza di fiumi e canali”), si trasformano in crisalide negli STER (“regimazione idraulica del colatore Muzza”) per dare origine, anziché a un bell’intervento di valorizzazione a ruspe e motoseghe che vanno a sventrare l’ultimo lembo di naturalità della pianura agricola lodigiana e milanese ?Le ragioni sono molteplici e ne parleremo ancora. Individuo la prima: l’assenza di competenza. Non dei tecnici coinvolti ma nel suo senso etimologico: l’assenza di visione ampia, d’insieme, olistica, condivisa. Questa carenza di competenza è ormai stratificata a tutti i livelli; dall’oscuro burocrate che stanzia il miliardo per una generica sicurezza idrogeologica (che in Italia vuol dir parlare dell’85% del territorio, di crinali, torrenti, fiumi fino ad arrivare al Colatore), all’ufficio regionale che assegna i fondi mettendo ogni corso d’acqua sullo stesso piano (un po’ come se il Louvre, per descrivere la pittura del 900, mettesse nella stessa sala i Picasso, i Klimt e una decina di croste delle fiere di paese), alle sedi locali (per le quali l’ambiente naturale è pura estetica, ragion per cui si tagli pure il bosco e lo si ripianti, importante è che l’occhio sia soddisfatto).Ecco una prima analisi. L’Italia è un paese pigro e corporativo che non vuol capire che con cultura-paesaggio e ambiente si mangia, come insegnano i francesi, e si mangia anche benino. Che la biodiversità non è solo l’uccellino che canta ma anche la complessità degli ambienti naturali che è poi ciò che definisce il paesaggio. L’Italia è il paese che anziché vedere nel Colatore Muzza una risorsa, che potrebbe generare piccoli indotti locali in termini di turismo di prossimità, ciclopedonalità, sport, settimane verdi, caccia, pesca e molto altro, preferisce vederlo come sedime di interventi distruttivi, che costano molto a noi cittadini. E che portano molti soldi pubblici, per pochissimo lavoro, a pochissimi soggetti. In un paese siffatto, dicevamo, andiamo avanti imperterriti ad applicare schemi e modelli culturali che non esistono più, che sono morti da decenni in tutta Europa, in USA e Canada (non ci credete? Provate a battere “how to manage a drainage channel” su Google. E’ la frase più banale che mi è sovvenuta mentre scrivevo questo articolo. Scaricate i documenti, gratuiti: ecco, questa è la gestione dei corsi d’acqua, in Europa).Che si puo’ fare, per cambiare verso? Semplice: bisogna cambiare le competenze. Ci vogliono figure che svolgano funzioni preventive di controllo su progetti e modalità esecutive degli stessi. Non c’è bisogno di professoroni; bastano persone semplici, ma competenti, che conoscano l’insieme dei luoghi, le culture, le storie. Che facciano rete, nel caso non conoscano un dettaglio.Sarebbe bastato un agricoltore onesto, un pescatore sensibile, un politico non stupido. Uno qualsiasi, che avesse però a cuore il Lodigiano. Un piccolo comitato popolare, che avesse a cuore solo il Colatore Muzza (peraltro è quello che abbiamo fatto su Facebook, con il gruppo “Salviamo la Muzza”). Sarebbero bastati uno, due o tre soggetti così, dotati di competenza e amore per il Lodigiano, per risparmiarci due mesi di polemiche rabbiose, un ulteriore distacco fra sentimento collettivo e volontà politica, e alcune migliaia di alberi abbattuti. Competenza, cari Lodigiani. Sapere quel che si fa e prevederne gli effetti, o almeno cercar di farlo con trasparenza; è questa la ricetta per valorizzare quel che rimane e per essere credibili. La competenza sottintende aggiornamento, studio, ricerca, ricambio generazionale e professionale, in uffici e strutture. Significa serialità: far seguire alle parole i fatti, non parlare per frasi fatte.E’ solo così che possiamo provare a portare un po’ di turisti nel Lodigiano. Se non salviamo i boschi sul Colatore Muzza, che dovrebbero venire a fare i turisti di Expò 2015 nel Lodigiano ?A vedere le massicciate in brecciolino e le logistiche?

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