Un incubo che fa tic toc

MARTEDÌ HORROR Storie di paura per piccoli coraggiosi, a cura di Francesca Fornaroli

Lodi

Immaginatevi un pendolo, uno di quelli alti, antichi, col corpo di legno scuro e le lancette dorate, capaci di scandire il tempo con un ticchettio profondo e solenne. Lorenzo l’aveva visto per la prima volta nel salotto dei suoi nonni, dove ogni estate passava qualche settimana. Il pendolo troneggiava nell’angolo, accanto alla poltrona del nonno e al mobile della televisione, sempre lucido, come se fosse nuovo. «Sembra appena uscito dal negozio - diceva spesso la nonna, mentre lo spolverava -, e pensare che ha più di 50 anni». Ma per Lorenzo non era affascinante, era inquietante. Soprattutto di notte. In quella casa non c’era una cameretta per lui. Così, i nonni ogni sera gli aprivano il divano letto proprio lì, in salotto, a pochi passi dal pendolo. E quando tutto diventava silenzioso, dopo che la televisione veniva spenta e le luci calate, quel tic-tac sembrava diventare più forte, più presente, quasi vivo. Una notte, dopo aver rigirato il cuscino almeno venti volte, Lorenzo sbottò: «Basta!» Si alzò e si avvicinò all’orologio e cominciò a scuoterlo. Poi aprì lo sportello di vetro. Dentro, le lancette si muovevano placide, come se nulla potesse turbarle. Allungò la mano e afferrò quella più lunga. La girò all’indietro. Un clic. Poi un altro. Il pendolo si fermò. Il silenzio fu totale. Nessun tic. Nessun tac. Soddisfatto, Lorenzo tornò sul divano e, finalmente, si addormentò. Ma il giorno dopo... tutto era diverso. Appena aprì gli occhi, si accorse che il salotto non aveva più il televisore piatto, ma uno piccolo e bombato, con due manopole. I mobili sembravano meno moderni, il telefono era attaccato al muro con un filo a spirale. Poi sentì voci in cucina: «Clara! Muoviti che è tardi! Mangia in fretta la colazione che dobbiamo andare a scuola». Era suo nonno, molto più giovane, che si rivolgeva a una piccola bambina, morettina, tutta addormentata che mangiava al tavolo della cucina pane e marmellata. Poi la bambina si voltò. Lorenzo sentì il cuore saltargli un battito. Quella bambina era sua madre. Sua madre... da piccola. «Mamma? Ma cosa ci fai qui? Ma cosa sei diventata?» pronunciava Lorenzo, ma nessuno lo sentiva. Si guardò intorno, confuso e spaventato. Corse verso l’orologio, cercò di aprirlo, di rimettere le lancette al loro posto. Ma il pendolo, immobile, non si muoveva più. Bloccato. Come lui. Il tempo era tornato indietro. E Lorenzo rimase lì per sempre. Nel mondo dove viveva scomparì e nessuno seppe più nulla di lui.

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