C’è una chiave per ogni porta, anche la più stramba

DOLÌ / 1 Una storia magica a cura di Francesca Fornaroli

Prosegue la storia di Dolì, che abbiamo iniziato la settimana scorsa. Se vuoi recuperare la prima puntata, leggi qui:

Leggi anche

Ed ecco la seconda parte...

Lo specchio si riapre, ma questa volta con sé porta anche molti segreti. Dopo una breve occhiata, il nostro protagonista Leonardo aveva appurato che Dolì era una strana copia di Lodi, increspata da un’energia che nascondeva qualcosa. Insomma era identica, eppure diversa nei dettagli. Le strade erano le stesse di Lodi, ma più larghe e i colori più accesi. E ovunque, ai bordi dei vicoli, sui tetti, nei cortili deserti, si ergevano grandi porte. Massicce, di materiali diversi e ognuna con una serratura di ferro battuto, impenetrabile. Spinto dalla curiosità, Leonardo si accostò alla più vicina. Tentò di aprirla. Niente. Nessun meccanismo. Nessuna maniglia. Poi alzò lo sguardo. Su ogni porta era inciso un nome e cognome. Non nomi a caso. Nomi che conosceva. Alcuni dei suoi amici. Ma anche quelli dei suoi genitori e di sua sorella. Ogni porta sembrava essere viva. Come se custodisse un dolore, un ricordo, o una confessione. Leonardo si guardò attorno, cercando un segno. Voleva assolutamente trovare un indizio. E gli bastò abbassare lo sguardo: incisi nei ciottoli della strada, erano inscritte tre parole: “Rivivi. Non ricordare. Rivivi”. Solo allora comprese. Quelle non erano semplici porte. Erano passaggi verso le verità nascoste delle persone che aveva conosciuto, a cui aveva voluto bene o che aveva dimenticato.

E per aprirle, serviva qualcosa che nessuna chiave normale poteva dare. La vera chiave era l’emozione autentica che si doveva riaccendere nel momento esatto in cui leggeva quel nome e riviveva ciò che era stato. Camminando, sopra una porticina più piccola delle altre, tra piazza Broletto e il Duomo, lesse anche un nome che non avrebbe voluto leggere: Carlo Maffi. Suo zio. Un tipetto stravagante, con una propria idea sulla vita, talvolta arrogante, ma senz’altro interessante. Eppure era successo qualcosa, che lo aveva sempre più allontanato dalla famiglia. A tal punto da sparire e comparire solo qualche Natale.

Leonardo allora si mise davanti alla porta e cominciò a rivivere i ricordi con lui. Rivisse un pomeriggio d’estate, quando aveva otto anni, e lo zio gli aveva regalato una videocassetta etichettata: “Per Leonardo: le cose che non ti ricordi”. La guardarono insieme, seduti sul tappeto. Erano filmati d’infanzia, riprese sgranate di Leonardo che gattonava e rideva. Era lo zio che lo aveva seguito amorevolmente senza che nessuno lo sapesse. Quel ricordo lo colpì molto. Fu allora che accadde. Il palmo della mano cominciò a bruciare. Una luce si raccolse tra le dita. Nacque una chiave. Ora la porta di Carlo poteva essere aperta. E una prima verità, finalmente, affrontata. Ma per questo...ci sarà tempo. Al prossimo martedì.

© RIPRODUZIONE RISERVATA