Visigalli rinuncia alla mano bionica

Walter Visigalli, 48 anni, ha buttato la sua mano bionica. Non riusciva a mangiare con la forchetta, quando guidava l’arto si bloccava e aveva il moncone pieno di vesciche. Per 4 volte è andato avanti e indietro da Mulazzano al centro di Santarcangelo, per farsi modificare il congegno della mano, ma gli ingegneri erano in Francia. Quattro volte avanti e indietro, 2800 chilometri in treno, per lui che è diabetico e lavora come centralinista alla Mapei sono sembrati davvero troppi.Così come troppi erano i chilometri che doveva fare, un giorno sì e uno no, per la riabilitazione al San Gerardo di Monza.

Visigalli si è sentito preso in giro. Ieri mattina. alle 9, aveva già consegnato sulla scrivania del chirurgo Marco Lanzetta, a Monza, la sua mano bionica, con i relativi documenti. Visigalli aveva perso la mano in una trebbiatrice, a 13 anni, mentre giocava nelle campagne di Melegnano. Nel 2000, a 35 anni, dopo una gioventù di sacrifici, Visigalli seguendo l’esempio di Denis Chatelier diventò il primo trapiantato d’Italia. A fargli l’intervento era stato lo stesso Lanzetta, in forze al San Gerardo. Dopo 13 anni, Visigalli andò incontro al rigetto e a giugno si sottopose all’amputazione. Lanzetta però gli promise una mano nuova, senza più problemi di rigetto. Bionica e alimentata a batteria, come un telefonino. E così è stato. A novembre il professore ha annunciato in tv che da due mesi Visigalli era il primo italiano ad avere un arto bionico. L’avventura però è durata poco.

A parlare è la moglie Pierangela. «Mio marito non riesce a prendere le posate - lamenta la donna -, ha una stretta meccanica più forte dei tendini. Quando guida, alla minima vibrazione la mano si blocca. Per infilare l’arto deve inumidire le dita, ma la pelle non respira e si formano le vesciche. Gli hanno messo delle viti che gli hanno lacerato il gomito. La mano è di un colore e l’avambraccio di un altro. Ha fatto 4 viaggi di 700 chilometri, 350 all’andata e altrettanti al ritorno, per andare a Santarcangelo a farsi regolare la mano, senza risultati. Gli hanno fissato l’appuntamento e quando è arrivato là, mercoledì, gli hanno detto che gli ingegneri e il cd necessario erano in Francia. È partito alle 6.30 della mattina ed è tornato a casa a mezzanotte a causa dei ritardi dei treni. Mio marito è diabetico e deve fare 4 insuline al giorno. Ha rischiato il coma. Era furibondo. Ha telefonato al professore e gli ha detto che avrebbe riconsegnato l’arto. Il medico ha cercato di convincerlo, ma lui non vuole essere preso in giro. Stamattina (ieri, ndr) è andato al San Gerardo e ha riconsegnato la mano. A parlare ai telegiornali si fa in fretta. Per fare riabilitazione doveva andare un giorno sì e uno no a Monza. Doveva tirare una pallina contro il muro. Se volevamo farlo a casa io dovevo riprenderlo con una telecamera e poi mandare le immagini a Monza per valutare la forza del lancio. Impossibile. Adesso ci rivolgeremo ad altri centri per avere una mano nuova».

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