Verrascina: è stata la vendetta del clan

(7 marzo, ore 16) L’omicidio di Luca Verrascina sarebbe la vendetta di un clan camorristico. È stata un’indagine su un traffico internazionale di droga la chiave di volta per fare luce sul delitto: il cognato dell'assassino Giuseppe Pellitteri, un carrozziere di Cerro, è infatti ritenuto legato a organizzazioni mafiose di stampo camorristico, in particolare al Clan Gionta di Torre Annunziata, ed è implicato nel giro internazionale di stupefacenti che ha guidato gli inquirenti nella comprensione del caso. Grazie alle intercettazioni telefoniche tra il suo cellulare e quello di Pellitteri è stato possibile ricostruire il suo ruolo nell’omicidio di San Giuliano, risalire alle altre persone arrestate ieri e rinvenire le armi e la droga sequestrate dai carabinieri.

(7 marzo, ore 11) Pistole e perfino un kalashnikov, poi proiettili, caschi, targhe rubate oltre a droga e bilancini di precisione. Tutto nelle mani di un gruppo di fuoco, che sarebbe legato addirittura alla malavita, sgominato dai carabinieri della compagnia di San Donato con la collaborazione della polizia stradale di Como. È questo il retroscena emerso nelle indagini sull'omicidio di Luca Saverio Verrascina, un giovane muratore sangiulianese, freddato in strada, davanti alla propria abitazione lo scorso gennaio.Sei, come annunciato ieri sul nostri sito, i fermi eseguiti tra Milanese, Comasco e Lodigiano, con perquisizioni a Vizzolo, Tavazzano e Como.

(6 marzo) Dopo due mesi di indagini è scattato ieri all’alba il blitz dei carabinieri della compagnia di San Donato Milanese che ha portato all’arresto di sei persone in relazione all’omicidio di Luca Saverio Verrascina, il muratore di 38 anni, incensurato, ucciso a colpi di pistola alle 20 dello scorso martedì 10 gennaio davanti al condominio in cui abitava in via dei Mille a San Giuliano Milanese. In manette è finita anche una donna, parente di Giuseppe Pellitteri, il 25enne, artigiano gessista e padre di due figli, di Caselle Lurani, che era stato ammanettato già poche ore dopo l’omicidio e che aveva confessato, assumendosi tutte le responsabilità del delitto.

Aveva raccontato di aver trovato la pistola, una calibro 22, sotto un sasso, e di aver usato quella per colpire Verrascina, e, quindi, di averla gettata in un laghetto di cava a San Giuliano Milanese. Fino a ieri però gli inquirenti non avevano comunicato di aver trovato l’arma e, al di là di questo particolare, le indagini sono andate avanti. E dalla procura i pm Giampaolo Melchionna e Armando Spataro, titolari dell’inchiesta, fanno sapere che la vicenda che sta dietro l’omicidio è complessa e che il lavoro degli inquirenti non è ancora concluso.

All’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, che hanno colpito persone residenti tra San Giuliano Milanese, il Sudmilano e il Milanese, ha partecipato anche la squadra mobile della questura di Como che stava conducendo un’indagine antidroga che sembra essersi intrecciata su quella per questo omicidio. Il cui movente non risulta però al momento legato al mondo dello spaccio.

Quattro persone sono state sottoposte a fermo per ipotesi di complicità nell’omicidio, per partecipazione materiale piuttosto che per istigazione o detenzione di armi: secondo i carabinieri quindi Pellitteri non sarebbe stato solo quando Verrascina è stato ucciso. Una quinta persona è stata sottoposta a misura per lesioni gravissime e, a sorpresa, ieri c’è stato anche un arresto per detenzione di stupefacenti in quantità tale da ritenerli destinati allo spaccio. Gli arrestati si trovano nelle carceri di Milano e di Lodi in attesa degli interrogatori di garanzia o di convalida. Pellitteri intanto resta in carcere e, dopo la sua confessione, non è più stato sentito dagli inquirenti. L’8 gennaio, secondo la sua ricostruzione, Verrascina e un’altra persona, che potrebbe essere un sangiulianese sottoposto ieri a fermo, l’avrebbero raggiunto sotto casa a Caselle per sollecitare la restituzione di un debito di 4mila euro. Debito che sarebbe stato non verso Verrascina, ma verso l’altro uomo, questo sostengono i familiari della vittima. Era scoppiata una rissa e Pellitteri era finito in ospedale con una seria lesione al volto. Martedì era stato dimesso e poche ore dopo era già, con una pistola in mano, sotto casa del muratore che l’aveva picchiato poco prima. Si attendono ora anche gli esiti ufficiali dell’autopsia e dell’esame stub sulle tracce di polvere da sparo.

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