Uniti dal calcio e dalla lotta al cancro: l’ex giocatore ritrova il suo “Mondo”

Uniti nella lotta contro il cancro, l’abbraccio di Emiliano Mondonico all’ex calciatore di Melegnano. Massimo Pifferi, classe 1962, si ricordava del «suo Mondo», come dice lui, quando un giorno ragazzino, l’aveva chiamato durante gli allenamenti, al Filadelfia di Torino.

Entrambi dal cuore granata, entrambi colpiti da un tumore. Quattro gli interventi che ha subito l’ex allenatore di Rivolta per un brutto sarcoma e diversi i ricoveri di Pifferi, finito sotto i ferri per un cancro all’intestino, poi colpito da ictus e oggi costretto a nutrirsi per 15 ore al giorno con una flebo. Il ricordo di quel giorno al “Fila” è fervido. «Chi è quel matto papà?». «Mondonicoooo», gli aveva dato la voce il ragazzo. L’ex allenatore del Toro era venuto verso di lui, con il pallone ai piedi, pronto al palleggio. Sono passati 40 anni da quel giorno, e oggi, Pifferi, dopo aver seguito il suo Mondo, ovunque, alla tv e negli stadi, dieci giorni fa, ha potuto abbracciarlo di persona. Dopo aver letto la sua intervista sul «Cittadino», Pifferi si è fatto coraggio e ha chiesto di poterlo incontrare. «Certo», ha detto subito Mondonico. Ed eccoli lì, Pifferi con la pelle alzata di due centimetri per l’emozione e Mondonico che strizza forte gli occhi e il naso. Facendo finta che a dar fastidio sia il sole, quando a coprire i due c’è l’ombra del portico. Pifferi, una vita alla fondazione Castellini, oggi abita a Bascapè con la moglie, una figlia e un cane.

Mondonico scende dall’auto, fa caldo e non solo per l’estate prematura. Pifferi non crede ai suoi occhi. Per rompere gli indugi si è preparato una lettera. Sul tavolo il caffè preparato dalla moglie Patrizia, juventina dalla culla. «Ciao Mondo - attacca il 55enne di Melegnano , con un passato nelle giovanili dell’Inter -, scusami se mi permetto di darti del tu, ma per me tu sei il mio Mondo. Il mio Mondo di vita che mi ha accompagnato da bambino». Due pagine dense di ricordi. «Quando giocavo volevo la maglia numero 7 e i calzettoni abbassati; dicevo a mia mamma di mettermi i bigodini perché tu avevi qualche ricciolo. Un giorno d’estate, avevo 15 anni, partii da Melegnano e, in bicicletta, venni a Rivolta, volevo incontrarti; girai mezzo paese per vederti, ma quando giunsi verso casa tua arrivarono dei cani; per la paura scappai; e non ti dico quando fui a casa quante botte presi perché non avevo avvisato, ma ero contento lo stesso perché avevo visto dove abitavi». Mondonico ascolta: la narrazione finisce sulla malattia, la lotta per farcela. «Anch’io - taglia corto Mondonico, mentre inghiotte il groppo che gli si è fermato in gola - vivo con questa cosa che adesso si è ripresentata dall’altra parte». Pifferi ha per il suo Mondo, oltre alla lettera, un quaderno granata. Anche Mondonico ha un doppio regalo, sembra si siano messi d’accordo: il libro con i suoi articoli del «Corriere» e poi la maglia, l’ultima che gli è rimasta. Al centro campeggia l’immagine di lui che alza la sedia al cielo durante la finale di coppa Uefa ad Amsterdam: «Per, Massimo con affetto». E il buio dei giorni passati fa subito posto all’azzurro del cielo. «Sai Mondo, noi siamo il toro e il toro non perde mai».

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