S. Giuliano: «Due persone con il killer»

Parla la famiglia di Giuseppe Verrascina

Forse c’erano altre due persone assieme a Giuseppe Pellitteri la sera del 10 gennaio, quando il gessista 25enne siciliano e residente a Caselle Lurani, così lui stesso dichiara, ha ammazzato a colpi di calibro 22 il muratore di 38 anni Giuseppe Verrascina. Alla famiglia della vittima risulta infatti che nelle ore precedenti l'omicidio, avvenuto circa alle 19.50, Pellitteri fosse stato notato con altri due giovani in un bar di San Giuliano Milanese dove Verrascina si recava spesso: sembrava che lo stessero cercando. «Sicuramente gli inquirenti stanno cercando di chiarire e di verificare anche questi aspetti - spiega l'avvocato Tiziana Aresi di Milano, che assieme a Massimo Carlo Seregni assiste la famiglia del muratore ucciso. Per ora non possiamo che attendere l'esito delle indagini, ma qualche elemento di dubbio sicuramente c’è». A partire dal fatto che Pellitteri avrebbe dichiarato di aver sparato a Verrascina frontalmente, mentre uno dei colpi sembra entrato dalla schiena.

C’è poi il mistero dell’arma, una calibro 22 che avrebbe esploso addirittura 5 colpi (uno a vuoto, 2 di striscio, uno nella gamba e l’altro al polmone della vittima) e che nel Lago Blu di San Giuliano, dove Pellitteri dice di averla lanciata, non è stata trovata. Da qui la serie di perquisizioni e interrogatori eseguiti dai carabinieri dopo il delitto.

Sembra sia stato individuato, invece, l'uomo che da quasi due anni pretendeva la restituzione di 4mila euro da Pellitteri: era un prestito personale (da cosa nascesse, nessuno al momento lo vuole dire) fatto da una persona residente nel Sudmilano. Visto che Pellitteri faticava a restituire quel denaro, l’uomo che attendeva i soldi chiede aiuto a Verrascina e, l’8 gennaio, incontrano Pellitteri e ben presto si passa dalle minacce alle botte. Pellitteri ha la peggio: finisce in ospedale con uno zigomo rotto e resta ricoverato, questo almeno risulta alla famiglia Verrascina, fino al 10. «Nel frattempo però Luca Verrascina aveva telefonato ai familiari di Pellitteri per scusarsi - si limita a sottolineare al proposito l'avvocato Aresi - e mi dicono che quelle scuse sembrava fossero state accettate».

Martedì 10 Pellitteri esce dall'ospedale, viene visto al bar con altri due uomini e poi, poco prima delle 20, qualcuno suona al citofono di casa Verrascina. Luca saluta (è l’ultima volta, ma non lo sa) i suoi due figli e la moglie, scende in ciabatte (ma si porta dietro un coltello) e viene freddato.

«Non abbiamo più saputo nulla dagli inquirenti - osserva l’avvocato Emanuele Kohler, che difende Pellitteri - e attendiamo l’avviso di fine indagini o la richiesta di giudizio immediato. Per ora il mio assistito non è intenzionato a chiedere ulteriori interrogatori, dopo la confessione già resa. Posso solo dire che appare ancora turbato». L'operazione allo zigomo che ha affrontato, da detenuto, settimana scorsa, è invece andata bene.

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