Picchiato rapinatore di lucciole

Uno aveva denunciato ai carabinieri di aver subito un brutale pestaggio da quattro albanesi «mentre si era fermato a fare benzina assieme a un amico». L’altro invece denuncia, per lo stesso episodio, che gli è stata solo «rubata la carta d’identità»: un’incongruenza che non è sfuggita ai carabinieri del nucleo investigativo di Pavia che così avevano potuto aprire due indagini: una, per rapine ai danni di prostitute, che ha portato alla sentenza di ieri a carico di un 30enne originario della Puglia e all’epoca residente nel Lodigiano, la seconda indagine invece a carico di un gruppo di albanesi per le ipotesi di sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona.

I due, A.L., già giudicato separatamente con riti alternativi, e il 30enne B.D., che invece ha affrontato tutto il processo, avevano denunciato l’aggressione nel marzo del 2007. Qualche mese dopo i carabinieri avevano chiesto conferma della loro versione dei fatti e, prima uno e poi l’altro, avevano ammesso che in realtà non si erano fermati a fare benzina, ma che erano stati affrontati da quattro albanesi mentre si intrattenevano con una “lucciola” a Carpiano. I due sarebbero stati picchiati, quindi, uno su un sedile dell’auto, l’altro nel bagagliaio, portati fino in un luogo isolato dove una giovane meretrice, anche lei albanese, avrebbe detto: «Si, sono loro». E giù altre botte. Prima di andarsene, i quattro albanesi si erano presi i documenti d’identità e un cellulare dei due. Motivo del pestaggio, come rivelato dalle due stesse vittime: avevano rapinato diverse prostitute. Miseri bottini, in un caso solo 30 euro, ma con l’aggravante di aver usato un coltello, che B.D., dopo la sua confessione, ha anche fatto ritrovare ai carabinieri. Caso chiuso?

No, perché a questo punto gli investigatori hanno cercato dei riscontri: effettivamente il cellulare rubato al 30enne risultava in uso a una meretrice albanese che dopo questo episodio si era trasferita a Roma. Ma le “lucciole” che i due italiani hanno dichiarato di aver rapinato non hanno mai sporto querela nei loro confronti. Grazie a un conoscente delle due donne e alle loro foto segnaletiche, gli inquirenti sono riusciti a identificare le due rapinate, ma, nonostante ricerche in tutta Italia, non è mai stato possibile convocarle per raccogliere almeno una testimonianza diretta. E anche B.D. non si è mai presentato al processo e risulta irreperibile da tempo.

Il tribunale di Lodi in composizione collegiale, presieduto da Ambrogio Ceron, ha quindi deciso di acquisire la testimonianza in cui B.D. si era autoaccusato davanti ai carabinieri, La difesa ha invocato quantomeno la mancanza di prove. Il 30enne invece è stato condannato a un anno e 5 mesi di reclusione e 400 euro di multa, con sospensione condizionale della pena perché era incensurato.

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