Parla la mamma del bimbo ucciso

«La sentenza di primo grado è stata talmente assurda che la procura generale non poteva che prendere questa posizione così dura». Antonella Penati, mamma del piccolo Federico Barakat, non accetta l’assoluzione per i tre imputati accusati di “concorso colposo in omicidio volontario” e continua la sua battaglia per avere giustizia e vedere finalmente le persone che lei ritiene responsabili condannate e allontanate dai servizi sociali. Ora si prepara ad un nuovo processo, dopo la richiesta di appello presentata dalla procura generale, che ha usato parole pesanti sulle possibili responsabilità degli operatori. «Credo nella giustizia e questo atto della procura mi dà speranza».

Negli occhi, la signora Penati, ha ancora quello che ha dovuto “patire” al termine del processo di primo grado. «In aula sono stata in silenzio, ma il mio silenzio racchiudeva le urla, il dolore e lo strazio che ha dovuto patire mio figlio. Ho visto quelle persone esultare alla lettura della sentenza, accanto a me, ma non penso che si possa esultare e fare la “ola” davanti a una tragedia simile».

Il processo d’appello per la morte di Federico, ucciso dal padre il 25 febbraio 2009 a San Donato, nel centro socio sanitario di via Sergnano, comincerà nei prossimi mesi a Milano, anche se la data non è ancora stata fissata. Il rito sarà quello “abbreviato” e per questo non verranno sentiti altri testimoni e tutto si risolverà in poche udienze. «Federico aveva il diritto di vivere, di crescere e diventare grande, invece gli è stato impedito. Io credo che gli assistenti sociali fossero in grado di evitare la tragedia, ma ancora pochi giorni prima di quel giorno mi hanno detto di non continuare a oppormi agli incontri fra Federico e il padre altrimenti mi avrebbero tolto Federico. Ora invece mi è stato tolto per sempre». «Io credo nella giustizia - aggiunge la signora Penati - e spero che prima o poi venga fatta giustizia. Solo così i bambini potranno essere tutelati meglio e i servizi sociali avranno più attenzione alla vita dei bambini».

Lei stessa aveva manifestato più volte le sue paure per il comportamento dell’ex marito, poi suicida, e si era anche rivolta all’allora assessore Marco Zampieri perché aveva l’impressione di non essere ascoltata da nessuno. Poi c’è stata la tragedia. Il primo processo si è concluso sette mesi fa con l’assoluzione dei tre imputati (l’educatore e le due assistenti sociali), perchè l’omicidio è stato giudicato “imprevedibile”. Il pm, durante il processo, ha anche detto che la madre, se aveva timori per il figlio, poteva allontanarsi da San Donato, anche se così facendo avrebbe commesso un reato. «La mia vita ora è distrutta, cammino ma è come se fossi morta. Gli ultimi tre anni sono stati difficilissimi, anche dal punto di vista economico. Spero solo che giustizia venga fatta e che l’attenzione di tutti su questo caso resti sempre alta».

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