’Ndrangheta e Cosa nostra: blitz a Spino e a Peschiera

Infiltrazioni nella logistica, contatti con la politica a Rivolta, sotto sequestro appartamento e cascina

Un presunto affiliato alla ’ndrangheta che nel 2000 si vantava di avere 40 furgoni al servizio del colosso della logistica Gls e un altro che brindava in un bar di Rivolta d’Adda alla vittoria del sindaco del centrodestra Giovanni Sgroi (non indagato) che sosteneva di aver più volte incontrato. E poi un pregiudicato 62enne di Pietraperzia (Enna), C.F., indagato per un giro di usura che assieme a due Jaguar si è visto sequestrare dal gip un appartamento a Peschiera Borromeo in via Trieste e due case per circa 400 metri quadri, una stalla per cavalli e un terreno di un quarto di ettaro in località cascina Resega a Spino d’Adda.

Sono i più evidenti punti di contiguità tra l’inchiesta della Dda di Milano sulla “locale” di ’ndrangheta di Pioltello e il Sudmilano, il Cremasco e il Lodigiano. Tra l’altro la società che gli inquirenti ritengono fosse utilizzata come “cassaforte” dal presunto usuraio siciliano aveva anche conto corrente in banca a Boffalora.

L’inchiesta del pm Paolo Storari, che ha evidenziato rapporti economici tra la criminalità calabrese e quella siciliana, aveva preso le mosse dalla denuncia di una coppia di imprenditori che avevano aperto una decina di anni fa una fiorente società di poste private e si erano visti richiedere il 50 per cento degli utili da esponenti della famiglia Maiolo, cui secondo l’accusa fa capo la “locale” di Pioltello. La coppia, che si era anche sentita minacciare che gli avrebbero bruciato l’azienda, sarebbe anche poi finita usurata dal pregiudicato di Enna dopo che un loro dipendente aveva buttato nella spazzatura due quintali di posta, facendo perdere un’importante commessa. L’inchiesta aggiunge un nuovo capitolo alla maxi indagine Crimine - Infinito, arrivata alla sentenza definitiva nel 2014, che aveva tracciato la geografia della ’ndrangheta in Lombardia, già individuando la “locale” di Pioltello con i suoi vertici familiari. Secondo l’odierna ordinanza del gip milanese Fabrizio Filice, ci si trova di fronte ora a una “locale” di seconda generazione “principalmente mediante la riattivazione di alcuni degli associati già condannati in via definitiva, per la costituzione e la partecipazione a tale associazione non appena scontata la pena”. Ampio, per la gestione delle attività economiche, è il ricorso a prestanome, lombardi o meridionali di seconda o terza generazione, spesso donne.

Uno dei reati contestati a 9 dei 12 indagati è la “coercizione elettorale”, che si sarebbe attuata a Pioltello sponsorizzando apertamente un candidato sindaco (poi sconfitto) e invitando anche i referenti delle comunità straniere residenti a votare per lui. Altre finalità della ’ndrangheta pioltellese secondo il gip sarebbero state la conquista del ricco mercato delle ristrutturazioni 110%, del controllo di attività in particolare nella logistica, anche con la “lesione dei precetti a tutela dei lavoratori”. Una delle società sotto indagine ha un ufficio a San Giuliano. L’inchiesta ricostruisce pestaggi, agguati a colpi di pistola, perfino il furto di mezzo quintale di droga a un altro calabrese, e delinea un’intensa attività imprenditoriale. Con il comune denominatore dell’esigenza di “ripulire” il denaro la cui provenienza secondo la Dda non è compatibile con i redditi degli indagati. Per il filone della “locale” di Pioltello sono stati disposti 9 arresti, il decimo ha colpito il 62enne siciliano.n

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