Folla al funerale dell’uomo ucciso

Almeno 500 persone ieri per l’ultimo saluto a Verrascina

Di certo lo conoscevano tutti, a San Giuliano, Saverio Luca Verrascina, il 38enne ucciso martedì scorso dopo un agguato concluso nel modo più tragico sotto casa sua, in via dei Mille. Alle sue esequie presso la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, ieri pomeriggio, hanno partecipato almeno 500 persone. Momenti di commozione, persino qualche malore, per questa morte violenta nella quale molto rimane da chiarire. A partire dal movente che forse porta a un debito, forse a motivi più futili; persino, è stato ipotizzato, a un tentativo di mediazione nei confronti dell’assassino 25enne Giuseppe Pellitteri arrestato due giorni dopo. Fuori dalla chiesa della zona fra via Milano e il Borgo Est c’era una folla ad accogliere la salma liberata dalle autorità giudiziarie dopo l’esame autoptico. I funerali si sono svolti nella zona in cui l’uomo aveva abitato a lungo assieme alla famiglia e dove i Verrascina, immigrati oltre 50 anni fa, sono più conosciuti. Molti i coetanei della vittima, padre di due figli come l’uccisore: i 35-40enni che sono cresciuti assieme a lui nei popolari palazzi non distanti dalla via Emilia. Quando Verrascina era bambino qui non c’era ancora la chiesa nuova di Santa Maria Ausiliatrice; dalla via Emilia si vedeva il prefabbricato metallico che per tanti anni ha fatto da luogo di culto. «Si sono dette un sacco di menzogne su di lui - assicurano allora quelli che hanno condiviso quegli anni, sussurrando a mezza voce mentre il feretro entra nel portale -: la droga non c’entrava nulla poi, non è mai entrata in niente nella sua vita». Insomma, la convinzione di tutti è di dover cercare in altro le ragioni di un’esistenza giovane spezzata così. I soldi? «Non si uccide per danaro, siamo folli se siamo arrivati a questo», è il commento sconsolato di tanti che alla fine non trovano nessuna ragione nell’accaduto ma piangono un omicidio assurdo. Un dolore che lacera e suscita domande su quanto preziosa e insieme fragile sia la vita, lo ha ricordato don Nicola Cateni nell’omelia: «Affidiamoci a Dio che solo conosce i nostri cuori e ci conforta assicurando a tutti la promessa di una vita eterna e migliore».

E. D.

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