
Una sorta di “anello di fuoco” che si stringe attorno al Sudmilano e rischia di strozzare il piccolo e medio commercio di zona, con una punta seminascosta di speranza per un “nuovo vicino” che oltre a grattacapi potrebbe rivelarsi fautore di nuovi impulsi.
È paradossalmente proprio nelle dimensioni, oltre che nella novità assoluta che rappresenta per l’Italia, che il mega centro commerciale Westfield, che dovrebbe aprire i battenti a fine 2020 sul territorio di Segrate, viene guardato da quanti vivono nel raggio di una decina di chilometri con un misto di timore e speranza. Westfield Milan – in costruzione nell’area ex dogana di Segrate, là dove per oltre 30 anni un’immensa area demaniale a ridosso della ferrovia ha rappresentato una ferita insanabile nel territorio – è solo l’ultimo dei tanti centri costruiti a sud di Milano, medi e grandi poli commerciali che costituiscono una vera e propria catena che stringe sempre più il commercio di vicinato, realtà «sempre più penalizzate – dice Caterina Ippolito, presidente del Mandamento di Melegnano di Confcommercio – dalla presenza di strutture che, di fatto, rappresentano una concorrenza spesso insostenibile. Stiamo pagando scelte fatte in passato, ed è evidente che il nuovo progetto rischia di sferrare una ennesima batosta ad un territorio che ha già subito colpi durissimi». E che, però, non vuole arrendersi perché, spiega ancora la Ippolito, «commercio di vicinato non è solo il negozio sotto casa aperto, è un servizio dal valore sociale, è aggregazione e presidio sul territorio. Una vetrina accesa è luce, sicurezza, presenza e presidio». Con l’amarezza costante nel constatare che se «lo storico, a fatica, resiste», le difficoltà maggiori si incontrano con i nuovi esercizi che «spesso non riescono a sopravvivere», strozzati, letteralmente, dalla concorrenza dei grandi centri commerciali e dagli affitti elevati che «in pochi riescono a supportare». La nascita di nuovi centri commerciali è così ogni volta fonte di forti preoccupazioni, ma nel caso di Segrate pare esserci una piccola differenza, una piccola apertura che si legge tra le righe del cauto «staremo a vedere» pronunciato a più voci nei comuni del circondario.
A spiegare, in parte, le ragioni dell’aspettativa non del tutto negativa che sembra circondare Westfield Milan è Caterina Molinari, sindaco di Peschiera, comune confinante con Segrate e “primo argine” nei confronti dell’onda rappresentata dai 26 milioni di presenze annue previste. «Abbiamo finora avuto un solo incontro con i vertici di Westfield – dice Molinari – affrontando quelli che sono i nostri timori, dalle ripercussioni su viabilità e traffico fino ai pesanti rischi per il commercio locale. Da parte di Westfield abbiamo avuto rassicurazioni sulla disponibilità a tracciare insieme un piano di interventi che non solo minimizzi l’impatto, ma che possa rappresentare una sorta di volano per lo sviluppo della zona». Disponibilità, spiegano, che parte «dalle esperienze maturate a Londra e in Australia, dove si è lavorato sui diversi target di offerta per incentivare anche il commercio locale». La speranza, cautamente espressa ma presente, è che Westfield Milan si trasformi in una replica di Expo, che ha portato a Milano un netto aumento di turismo e commercio, coinvolgendo l’intero Sudmilano in un processo di crescita. E se a Peschiera sperano di avere conseguenze anche sullo sviluppo di un piano di trasporti ad ampio raggio, anche i comuni di seconda fascia guardano con «occhio attento ma non pregiudizialmente contrario» a ciò che potrà capitare, con la speranza, dice Paolo Bianchi, sindaco di Mediglia, «di poter avere voce in capitolo in un tavolo di concertazione aperto a tutto il territorio, e con il chiaro intento di continuare a difendere il nostro commercio di vicinato, oggi già fortemente penalizzato dalla presenza massiccia di centri commerciali».
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