Cinque anni fa moriva Federico Barakat

Federico Barakat avrebbe 14 anni se fosse ancora vivo. Giocherebbe ancora a calcio, continuerebbe a chiamare la mamma “amore” e sognerebbe ancora di diventare il papà di tanti bambini. Perché anche da piccoli si può coltivare il sogno di diventare padri. Papà di tanti figli, forse immaginati come tanti fratellini coi quali giocare, fare i compiti, condividere la vita. Avrebbero 14 anni i sogni e sentimenti di Federico, se fossero ancora vivi. Se cinque anni fa non fossero stati uccisi dal padre, materialmente con un colpo di pistola e una trentina di coltellate. Ieri il bambino è stato ricordato a Milano, a palazzo Sormani, nel convegno “La tutela del minore in ambito protetto” organizzato dalla mamma - Antonella Penati, responsabile per la Regione Lombardia del Movimento per l‘infanzia - a cinque anni da quel tragico 25 febbraio 2009, il giorno in cui Federico, affidato ai Servizi sociali di San Donato, fu ucciso dal padre, poi suicidatosi. Un caso passato alle cronache come “il primo omicidio in ambito protetto”. E sul quale la giustizia sta facendo il suo corso.

All’appuntamento hanno partecipato avvocati, magistrati, psichiatri, psicologi. In tutto una dozzina di relatori, impegnati a discutere di leggi, responsabilità, rapporti fra istituzioni. In una prospettiva quella appunto della tutela dei minori, dagli orizzonti sempre foschi. I servizi sociali, i medici, le forze dell’ordine, le responsabilità personali e quelle collettive. Che fare? Forse, ha avvertito Andrea Coffari, presidente del Movimento per l’infanzia, bisognerebbe partire proprio dalle responsabilità collettive, perché «la nostra cultura è impegnata sistematicamente a rimuovere la violenza fisica, sessuale e psicologica» e perché «la sottovalutazione della violenza è sconvolgente». Almeno tanto quanto il risultato di una ricerca svolta, sul proprio territorio, dal Dipartimento di Salute pubblica dell’Università degli Studi di Milano: circa il 10% dei bambini è oggetto di violenze sessuali, quasi tutte consumate in famiglia. Un dato che confluisce in quello planetario contenuto nel Rapporto sull’infanzia dell’Onu: il 20-30% dei bambini è vittima di violenze di ogni genere, da quelle fisiche a quelle psicologiche.

Al convegno di ieri c’era anche Dario Fo, in segno di vicinanza, così come aveva voluto fare Franca Rame, alla mamma di Federico. Parole accorate, le sue. Che hanno richiamato l’urgenza di senso civico e rispetto per il prossimo, qualità che sembrano non appartenerci più. «È vero - ha commentato la mamma di Federico -, abbiamo perso ogni riferimento al senso di collettività, di appartenenza alla società. E a farne le spese, purtroppo, sono anche i bambini». Antonella Penati è determinata ad ottenere giustizia: «La mia battaglia continua - ha detto -, ma ho bisogno del sostegno di tutti. Nonostante l’appiattimento dei valori, io non mi fermo. Il mio bambino non è più qui, ma reclama ancora i suoi diritti».

Dice di provare un dolore che non passa mai. E il ricordo più vivo che ha del suo bambino è quello di quando le diceva “io da grande voglio fare tanti bambini, e tu sarai la loro nonna”.

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