Cerro, sit in davanti alla logistica

(ore 18) Cerro al Lambro: ieri sera gli operai hanno presidiato dalle 21 fino all’una e mezza di notte i cancelli della logistica Zingali. Ma la loro protesta non è finita: oggi lo stesso gruppo di lavoratori si è presentato in caserma, presso la stazione dei carabinieri di Melegnano, per presentare denuncia contro l’azienda e la società che gli fornisce la manodopera; sotto accusa le condizioni di lavoro e presunte violazioni relative le norme sulla sicurezza e la tutela dell’ambiente.

(ore 9) Bandiere rosse, cori incitanti il “pueblo unido” e un presidio formato da una decina di persone che chiedono maggiore dignità e rispetto. È successo ieri sera davanti ai cancelli della logistica del gruppo Zingali in via Autosole 2 a Cerro al Lambro, in un “sit in” strettamente vigilato dalla presenza dei carabinieri della stazione di Melegnano. A nessun camion è stato concesso l’accesso in azienda per circa due ore durante il presidio. Tutti uniti, sotto la sigla “Si Cobas”, per rivendicare il rispetto integrale del contratto logistica e trasporto merci, la corresponsione puntuale degli stipendi, maggiore sicurezza sul posto di lavoro, la fine dell’indebita trattenuta sulle buste paga pari a 200 euro. E, denunciare le varie irregolarità rispetto al trattamento delle sostanze chimiche lavorate in azienda. Al megafono il coordinatore provinciale del Si Cobas Fulvio Di Giorgio e il suo braccio destro Eugenio Bizzoni hanno arringato i ragazzi del presidio, prevalentemente di nazionalità sudamericana, impiegati presso la cooperativa Migliora. «C’è sciopero, non si lavora: i lavoratori chiedono diritti», sillaba lentamente Di Giorgio. E poi Alfredo Martinez e Eduardo Cancio, delegati Rsa, hanno sottolineato i turni impossibili, anche di oltre 300 ore al mese con riposi minimi. «Del tutto assente è la sicurezza in azienda - dice Bizzoni -: nessuno dei dipendenti della cooperative veniva fornito dei dispositive di protezione individuale previste dal decreto 81/08. Movimentavano fusti del peso di 120/160 chili manualmente, nonostante il contenuto di sostanze potenzialmente pericolose. Subivano continuamente minacce e ogni forma di vessazione e ricatto da parte del capetto di turno». I lavoratori riferiscono trattamenti di sostanze chimiche in maniera impropria. Ecco perché, al limite della sopportazione, si è deciso di dire basta ad «un sistema di sfruttamento e di continue vessazioni». Ulteriore causa della protesta un ricorso promosso per differenza retributiva dalla Cisl e mai avviato da oltre un anno. Dai conteggi si tratterebbe di un ammontare di migliaia di euro dall’agosto del 2010. «Ecco perché vogliamo i nostri soldi», conclude Martinez.

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