23enne morto, assolto il medico

Sentenza di piena assoluzione in Corte d’appello “perché il fatto non sussiste” per una dottoressa un tempo in servizio al pronto soccorso dell’ospedale di Melegnano, imputata per omicidio colposo per la morte di Roberto Fiori, un imprenditore di soli 23 anni di Riozzo di Cerro al Lambro che nel primo pomeriggio del 5 novembre 2008 era stato stroncato da un aneurisma dissecante dell’aorta.

Poco prima della mezzanotte precedente era arrivato al pronto soccorso con un dolore al centro del petto. Era stato sottoposto a diversi esami: la pressione era bassa (40/70) ma l’elettrocardiogramma non evidenziava anomalie. La dottoressa M.R. non aveva quindi disposto il ricovero, consigliando però esami cardiologici più approfonditi e diagnosticando “reazione allergica, intolleranza alimentare”.

Nella tarda mattinata del 5 novembre Roberto si era fatto accompagnare dalla madre in ospedale perché il dolore non era cessato, ma durante un esame radiologico, alle 14, era morto.

L’autopsia disposta dalla procura della Repubblica di Lodi aveva accertato che l’aorta si era rotta all’interno del pericardio e che l’emorragia aveva impedito al cuore di continuare a espandersi. Forse un delicato e tempestivo intervento chirurgico avrebbe potuto salvarlo.

Secondo il consulente medico del pm Armando Spataro, si trattava però “di un caso di particolare difficoltà interpretativa e diagnostica, e in quella fase, più che un razionale iter diagnostico, solo una felice intuizione poteva condurre a un approfondimento strumentale che avrebbe potuto portare a una diagnosi in tempi utili”. La procura aveva quindi chiesto l’assoluzione, i legali dei familiari si erano opposti e, dopo un supplemento di indagini, si era arrivati alla condanna del medico per rito abbreviato: 10 mesi e pena sospesa, con attenuanti generiche comunque concesse anche “per la difficoltà del quadro diagnostico”.

L’avvocato Alessandro Ferrari di Locate Triulzi, difensore del medico, ha fatto ricorso in appello, evidenziando tra l’altro che al momento delle visite il medico non poteva disporre degli elementi emersi dall’autopsia e ribadendo poi argomentazioni del consulente della procura: per evidenziare l’aneurisma “non sarebbe bastato un ecocardiogramma” ma sarebbero serviti “una Tac o una risonanza magnetica”, aggiungendo che “non è pretendibile né clinicamente giustificabile che in situazioni analoghe si proceda a specifici approfondimenti diagnostici, che altrimenti dovrebbero essere estesi da protocollo a tutti i pazienti”.

Il medico attualmente lavora in un’altra struttura.

La corte d’appello tra l’altro non ha utilizzato la “legge Balduzzi” del 2012, che esclude rilevanza penale se la colpa medica è lieve: secondo i tre giudici del secondo grado in questo specifico caso la colpa della dottoressa, unica indagata, non ci sarebbe stata neppure in grado minimo.

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