Tonoli: ha scoperto un certo Marchetti

LODI «Allenatore, non più preparatore dei portieri. Ormai siamo una categoria riconosciuta, con un tesseramento proprio». Emilio Tonoli, 56enne lodigiano, è da questa stagione alla Pro Piacenza in Lega Pro, ma ha alle spalle un lungo curriculum, iniziato nel 1997 al Fanfulla, prima alle giovanili e poi in Serie D con Alberto Spelta e Corrado Verdelli. E rivendica il nuovo ruolo, sempre più delicato, nello staff di una squadra a ogni livello. Tonoli ha naturalmente giocato in porta fino a 38 anni: «Ma sempre in categorie dilettantistiche, che peraltro non ricordo nel dettaglio, anche se qualche campionato l’ho vinto e qualche soddisfazione me la sono presa. Ma non sono statti così importanti per il mio futuro di allenatore». Poi si dedica anima e corpo a questa nuovo veste, tanto che agli inizi proprio al Fanfulla pubblica un libro sull’argomento con video didattico correlato (“L’evoluzione dell’atleta pensante”) per farsi conoscere meglio e diffondere le proprie idee. È importante anche il sodalizio con Verdelli, che dopo il Fanfulla e il secondo posto alle spalle del Pavia lo porta all’Inter, dove vince due titoli nazionali Giovanissimi e Allievi con Marco Monti e Antonio Manicone come allenatori. Arriva anche in Serie B alla Ternana, sempre con Verdelli, torna all’Inter e poi alla Cremonese, prima con Verdelli e poi con Roselli. Dal 2006 quattro splendide stagioni all’Albinoleffe in Serie B e il primo anno con Elio Gustinetti addirittura lo spareggio-promozione perso contro il Lecce. Qui incontra Federico Marchetti, proveniente dalla Biellese, e contribuisce a formare quello che diventerà uno dei migliori portieri italiani: «L’avevo subito definito un Buffon giovane e infatti nel giro di pochi anni è arrivato in Nazionale. Era il tipico portiere moderno, che piace a me, che sa far tutto coi piedi e che partecipa allo sviluppo del gioco in fase difensiva». Con Gustinetti va anche allo Spezia per due anni, poi alla Pergolettese e nella scorsa stagione dà una mano («Per l’amicizia con alcuni dirigenti») al Fanfulla. E da qualche giorno è approdato al Pro Piacenza, che cerca una salvezza tranquilla dopo la lunga rincorsa dello scorso campionato dovuta a una pesante penalizzazione. «Devo subito precisare che ho scelto Piacenza per ragioni di cuore, infatti mi voleva anche Riccardo Maspero al Mantova. Ma alla Pro è arrivato un mio vecchio pupillo, fin dai tempi del Fanfulla, Ermanno Fumagalli, che è tornato al Nord dopo 14 anni e con cui sono sempre rimasto in contatto. È stato lui a chiedere di allenarsi ancora con me: non ho potuto dirgli di no, perché lo ritengo un grande portiere, con oltre 400 partite in Lega Pro ma penalizzato da giudizi un po’ frettolosi sulla sua altezza. Con lui potrò togliermi altre soddisfazioni e, nonostante abbia 32 anni, chissà, fargli fare un altro bel passo avanti». E oltre ai già citati Marchetti e Fumagalli, Tonoli ricorda volentieri altri portieri che ha allenato e che si sono distinti per il loro passato, come l’ex interista Luca Mondini, Tommaso Berni, ora all’Inter e avuto alla Ternana, Achille Coser all’Albinoleffe, ancora Ivan Pelizzoli tornato dalla Russia e rigenerato proprio nel Bergamasco e Giorgio Bianchi della Cremonese. In Serie B ci sono tuttora Giacomo Bindi e Paolo Branduani, allenati giovanissimi all’Inter da Tonoli. E alla Pergolettese ha conosciuto il giovane lodigiano Gabriel Montaperto, appena passato al Cagliari. Ma Tonoli non dimentica anche le qualità di Luca Ghizzinardi, che ha appena lasciato il Bano. Un bell’elenco di nomi che testimonia la bontà del lavoro svolto da Tonoli, uno studioso, magari anche autodidatta, di quella che è diventata la sua professione: «Non mi ispiro a nessuno in particolare, anche se ho visto lavorare all’Inter uno come Luciano Castellini. Comunque studio molto, anche perché questo è un ruolo in continua evoluzione e non ci si può fermare ai soliti vecchi esercizi». Del resto i suoi concetti sono per certi versi innovativi e molto personali: «Per me in effetti la parata è un aspetto secondario, seppur importante, dei compiti del portiere: per prima cosa viene l’attacco alto e basso coi piedi dentro e fuori area, per poi eventualmente affidarsi all’intervento che si può definire estremo. Capisco che sono concetti un po’ particolari, che per me però sono importanti, proprio perché il portiere è parte integrante del reparto arretrato di una squadra. Non capisco oltretutto perché quando si parla di modulo, il portiere è sempre tralasciato, come se fosse un corpo estraneo. Invece deve lavorare sempre coi compagni in una sorta di triangolo difensivo determinante in quella zona». E un altro aspetto è l’allenamento del pensiero: «Il portiere deve saper sempre cosa deve fare ed essere preparato anche all’imprevisto, per cui sono importanti la cura del particolare e una preparazione specifica, non più confacente a certi vecchi parametri».

© RIPRODUZIONE RISERVATA