
LODI Una famiglia che ha fatto la storia del calcio lodigiano, fanfullino in particolare, e che è un attestato di qualità: si va da Silvio a Mario e Peppino, quindi Romeo che ha raccolto il testimone e ha fatto la sua parte nei campionati dilettantistici prima da calciatore e poi da allenatore: «Quando non c’erano tutte queste categorie e società ben diverse e il livello era sicuramente più alto». Il 60enne Romeo Sichel era un difensore, che ha mosso i primi passi nel Capra e nella Cagliero, ma che a 19 anni era già in Promozione al Castelleone, dove rimane cinque stagioni; poi alla Luisiana di Pandino con un campionato da record in Prima Categoria senza sconfitte, con 25 successi e cinque pareggi e la salvezza l’anno successivo in Promozione (c’era anche il Sancolombano). Un grave infortunio, con la rottura del legamento, nel 1984 gli tarpa le ali, anche perché c’è un incidente stradale ad aggravare la situazione: a Pandino lo aspettano, ma c’è poco da fare e allora arriva il patentino da allenatore, con il percorso che comincia da San Martino in Strada. È un periodo davvero sfolgorante che comincia nel 1983, anche se interrotto da un grave problema di salute che lo tiene lontano dal campo per un paio di stagioni: sta di fatto che la Sanmartinese parte dalla Terza Categoria e arriva in Promozione, salvandosi anche con un campionato davvero miracoloso: «La perla è stata la vittoria sulla Giana, che arrivava da noi dopo venti successi consecutivi con il gol decisivo di Bricchi. Sono momenti che non puoi dimenticare, anche perché salvarsi in certe situazioni è meglio che vincere un campionato. Ma tutto quel periodo è stato speciale, anche per il rapporto con i giocatori che prosegue tuttora. E c’erano elementi come Mauro Poiani, Max Uberti e Sergio Travascio che si sono messi a completa disposizione di ragazzi meno dotati di loro». Un altro periodo magico è stato quello di Casalmaiocco: «Anche per l’amicizia che mi ha legato con quell’ambiente». Anche in questa occasione c’è la scalata fino alla Promozione, con un’altra salvezza che ha un sapore particolare per il successo non senza polemiche contro il Codogno siglato dal compianto Fabio Ardizzone». Poi Sichel porta il Vidardo rilevato sul fondo della classifica ai play off in Seconda, ma l’anno successivo torna a Pandino: «In quella che è la società meglio organizzata di questa zona». Fa un ottimo lavoro su un gruppo di ragazzi nati negli anni 90 che sono l’ossatura di una formazione che con qualche innesto importante (vedi l’ex Sant’Angelo e Cavenago Martignoni) si propone tra le favorite del prossimo campionato di Promozione. Poi decide di dedicarsi ai più giovani e arriva all’Academy Fanfulla alla guida della squadra Allievi del 1997, che comprende anche il portiere Gabriel Montaperto (ora al Cagliari) e Davide Dellagiovanna (tra i titolari di Curti nel Cavenago Fanfulla in Eccellenza). Sichel ha un ripensamento e va al Sordio in Seconda per un campionato pieno di problemi che si chiude con la retrocessione. E allora torna ai giovani bianconeri con un gruppo valido («Da cui ha pescato anche nella scorsa stagione Solimeno per la prima squadra»), ma anche per qualche problema di salute se ne va deluso: «Con la conferma che nel calcio non c’è riconoscenza». E per la nuova stagione ha detto sì alla chiamata del nuovo Real Academy. Dunque l’esperienza a livello giovanile è stata positiva per Sichel, che preferisce operare soprattutto tra gli Allievi: «È una categoria che ti consente di cominciare a lavorare a livello tattico e in cui mi sono trovato bene. E in generale con i giovani la gestione è più facile perché ti seguono e si applicano con più attenzione. Magari ci vuole un po’ più pazienza, ma questo non è un gran problema. E anche con i genitori il rapporto è sempre stato ottimo». C’è qualche differenza se si parla di squadre senior: «In questo caso bisogno gestire gente un po’ più “sgamata” e mettere d’accordo giocatori che hanno già una loro storia e spesso pensano di sapere già tutto. Dunque è importante formare un gruppo unito con elementi che si aiutino in campo e fuori. Devo dire che a me è andata abbastanza bene, perché al di là dei risultati e del loro valore, non ho avuto grossi problemi, mantenendo un bel rapporto con tutti». E se si parla di modulo tattico Sichel non è così rigido, facendo anche qualche distinzione a vari livelli: «Diciamo che mi piace il 4-2-3-1, anche se l’unica linea fissa per me è quella difensiva a quattro. In queste categorie è difficile giocare a tre. L’importante è adattarsi ai giocatori che si hanno a disposizione e metterli in condizione di rendere al meglio. Certo, quando mi chiede del modulo qualche genitore del settore giovanile sorrido, anche se è ancora più grave quello che fanno certi allenatori con i ragazzini, usando magari il Gps e parlando di copertura degli spazi e diagonale difensiva e dimenticandosi della tecnica e dell’uno contro uno, che una volta si apprendevano giocando ore e ore all’oratorio. Ma che continuano a essere importanti se si vuole giocare a calcio».
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