Ruini, la panchina che fa ripartire

MARUDO Quando il calcio ti dà una mano. Le tristi vicende della vita hanno provato duramente Ottorino Ruini, uno dei più longevi mister dei nostri campionati, e c’è voluta la solidarietà del mondo del pallone, oltre alla propria forza di volontà, per riprendersi e ripartire. Ottorino Ruini, 55enne da Marudo, deve smettere presto di giocare, perché, come capita spesso, un grave infortunio (la rottura del crociato) gli preclude ogni ambizione. In pratica a 16 anni, dopo le giovanili a Mairano, deve rassegnarsi ad abbandonare la fase agonistica: «Ho riprovato, ma ero spesso bloccato dalle distorsioni al ginocchio che non mi consentivano di scendere in campo con continuità. Evidentemente l’infortunio non era stato curato al meglio. Comunque , ho provato presto la strada della panchina proprio a Marudo in Terza Categoria e un anno anche a Montanaso in Seconda e così ho potuto prendere presto il patentino di allenatore». E nella stagione 1999/2000 torna a Marudo per quella cavalcata che porterà la formazione gialloverde in sei stagioni fino in Promozione: «C’era un gruppo di amici davvero eccezionale, soprattutto a livello dirigenziale, col barasino Gianni Rossi alla presidenza, che ha consentito di fare le cose davvero per bene e con la possibilità di avere a Marudo elementi come “Titta” Mazzucchi, Beltrami, Roveda, Pasquini, Asti e tanti altri. È stato davvero bello, con l’epilogo a San Colombano nella finale play off col Lodivecchio che ci diede il lasciapassare per la Promozione. E per me che sono del paese è stata una soddisfazione enorme». Ma la nuova categoria procura più dolori che gioie e Ruini dopo sei partite è costretto a lasciare per motivi personali, anche se poi viene richiamato per il finale di campionato e i play out, che però sono fatali, con il successo della Settalese che costringe il Marudo a tornare in Prima. Ruini va allora alla Superga Watt in Seconda Categoria e, dopo una stagione a metà classifica, al secondo tentativo la formazione della Muzza arriva ai play off, disputando addirittura quattro turni, ma non trovando lo spiraglio per salire di categoria: «Fu una cosa un po’ strana e la società, che fece anche un reclamo per cercare di capire i motivi, ci rimase male: per noi fu una mezza impresa e pensavamo di meritare la promozione ma non ci fu niente da fare». Ruini riparte per la terza stagione, ma non può continuare perché arriva la prematura scomparsa della moglie, che lo costringono a fermarsi e a pensare a problemi ben più gravi: «È stata per me una mazzata e c’è voluto del tempo per riprendermi e proprio in questo mondo ho trovato il sostegno per venirne fuori. Mi è tornata così la voglia di ricominciare e devo ringraziare il Borgo San Giovanni che dopo un anno mi ha dato questa opportunità». La squadra va male e con Ruini fa una gran rimonta, salvandosi ai play out a Lodi Vecchio con la Sanmartinese: « Un altro bellissimo traguardo tagliato forse in modo un po’ inaspettato». Poi è chiamato a Vidardo per un’impresa impossibile con una formazione giovanissima: «Evidentemente non si poteva chiedere molto a dei ragazzini che venivano dalla Juniores provinciale e che avevano certo bisogno di qualche compagno più esperto. Quando la società se n’è accorta era troppo tardi». Viene chiamato a Graffignana per rilanciare una società da poco ripartita, ma poi preferisce il ritorno nella squadra del suo paese, appena retrocessa dalla Prima dopo i play out col Santo Stefano. «E siamo alla scorsa stagione con un’altra brutta partenza, tanto che dopo dieci partite eravamo praticamente spacciati, ma poi le cose si sono aggiustate ed è arrivata una salvezza tutto sommato tranquilla». Da qui si vuol ripartire per non incappare in altre brutte sorprese: «In effetti la società si è data una nuova struttura e vuol fare le cose per bene, pur tenendo i piedi ben piantati per terra. Del resto anch’io ho l’ambizione di tornare a lottare per le posizioni alte della classifica e sono fiducioso che questa sia la stagione giusta». Del resto Ruini osserva che questo è un po’ l’indirizzo che si è dato il nostro calcio in generale: «Non ci sono più molte società che pagano tanto i giocatori e questo è senz’altro un buon segno: si lavora più in profondità con i giovani e con quegli elementi più esperti che possono dare equilibrio alla squadra. E penso che questa sia la strada giusta». Con gli allenatori chiamati dunque a dare un apporto importante: «Personalmente non ho un modulo definito, anche se mi piace lavorare col 3-4-1-2 con due mediani e due laterali che sanno spingere e un fantasista dietro le punte. In queste categorie però è importante anche saper cambiare in corsa, anche a seconda degli elementi che si hanno a disposizione. E poi è sempre determinante saper costruire il gruppo giusto, perché spesso dalle difficoltà si esce con forti motivazioni». Con mister Ottorino Ruini che ha ritrovato la voglia di lottare: «Certo, i brutti momenti sono alle spalle. Mi sono rifatto una famiglia e il calcio mi fa sempre bella compagnia».

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