Più di 500 chilometri a colpi di pagaia, l’impresa di Tarantasio

Oltre 550 chilometri percorsi, otto fiumi attraversati, cinque lagune, un tratto di mare. E ancora: centinaia di migliaia di pagaiate, vesciche e scottature non quantificabili. Sono (alcuni) dei numeri della terza impresa di Tarantasio, la “dragon boat” della Canottieri Adda che sabato, dopo una massacrante settimana di navigazione, ha raggiunto la meta finale del viaggio, la splendida piazza Unità d’Italia di Trieste, accolta dagli applausi di una trentina di “tifosi” lodigiani in festa.

L’ultima tappa ha regalato all’imbarcazione lodigiana anche il “battesimo” del mare. L’equipaggio guidato dal capitano Gilberto Campelli e dall’armatore Marco Viani (della spedizione hanno fatto parte anche gli ottimi Franco Avaldi, Fabio Catufi, Alfonso Ciccone, Franco Donzelli, Matteo Losi, Vittorio Riccaboni, Luca Sangalli, Andrea Soffientini, Mario Spini e Paolo Zanoni, con il fotografo ufficiale Davide Pravettoni sulla barca di supporto) è partito poco dopo l’alba dal Santuario mariano di Barbana, all’estremità orientale della laguna di Grado: dopo un tratto di Isonzo, il “drago” ha solcato infatti l’acqua salata, per la prima volta nella sua storia, percorrendo circa 20 chilometri fino al castello di Miramare, penultimo “step” prima dello sbarco in piazza Unità d’Italia a Trieste.

La barca è stata scortata da una motonave della polizia ed è stata accolta festosamente dai lodigiani giunti nella città giuliana per l’occasione; dopo di che Tarantasio si è spostato di pochi metri fino alla storica Canottieri di Trieste, dove è stato portato a terra e sistemato su un furgone per il ritorno (su strada) a Lodi.

Quest’anno l’imbarcazione che richiama la figura del mostro che, secondo la leggenda, ha infestato a lungo le acque del mitico lago Gerundo, ha veramente dato il meglio di sé, attraversando in successione le acque di Adda, Po, Brenta, Adige, Sile, Piave, Tagliamento e Isonzo oltre a una serie di canali e le lagune di Venezia, Caorle, Marano, Jesolo e Grado, per concludere la spedizione su un tratto di mare Adriatico nel Golfo di Trieste. «Rispetto alle precedenti due avventure abbiamo scoperto un nuovo “mondo”, percorrendo i 150 chilometri che dividono Venezia da Trieste – racconta Mario Spini, capo redattore del “Cittadino” e membro dell’eroico equipaggio -. La vera sorpresa è stato il Sile, un fiume bellissimo che offre anche un ambiente naturale mozzafiato. Quella 2017 è stata l’edizione più completa, visto che abbiamo attraversato fiumi, lagune, canali e mare. Siamo tutti un po’ acciaccati, il caldo non ci ha dato tregua, ma siamo anche soddisfatti e felici di aver portato a termine l’impresa. Un ringraziamento particolare va a Fabio Catufi e a Vittorio Riccaboni che si sono occupati dell’organizzazione, sempre impeccabile».

Alla fine di ognuna delle tappe in programma, gli atleti del “drago” si sono fermati per la notte nelle più svariate strutture, tra campeggi, centri per la pesca e anche monasteri, come accaduto a Barbana. Il viaggio è stato dedicato all’amico Raul Rovida, membro dell’equipaggio che per problemi fisici non ha potuto partecipare, mentre nell’ultima tappa l’equipaggio ha ricordato un altro amico, Gianmario Tenconi, recentemente scomparso e molto legato alla laguna di Grado. Ora, dopo il meritato riposo, gli indomiti “draghi” si rimetteranno al lavoro per pianificare la prossima impresa: e, c’è da scommetterci, le sorprese non mancheranno.

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