Palesi, terza vita al Sant’Angelo

MELEGNANO Alberto “Ginko” Palesi, centravanti di sfondamento. Tanti gol nella sua carriera di calciatore e giudizi taglienti sul mondo del pallone attuale. A Sant’Angelo ha accettato di ripartire dalla Terza Categoria e gli è tornata la voglia di allenare, superata la tentazione di smetterla col calcio e pensare ad altro: 56enne di Melegnano, Palesi era considerato fior di attaccante con parecchi gol nel suo “personale tabellino”, ma «non avevo la testa per rimanere a certi livelli». In effetti fa anche il professionista a Pavia e Casarano, ma poi torna in zona con le squadre del Sudmilanese, vincendo anche un campionato in Promozione con lo Sporting San Donato nella stagione 1986/1987 e chiudendo poi a Lodi con la Cagliero. Per la verità era passato anche dagli Allievi del Sant’Angelo dei bei tempi e addirittura il presidentissimo Carlo Chiesa era stato a casa sua per convincerlo a restare: ma non c’erano le condizioni per problemi famigliari e non se ne fece nulla.«Mi son giocato male le carte» A 36 anni lascia il campo e si mette in mente di fare l’allenatore per professione, per raccogliere quello che ha solo sfiorato da calciatore: si mette anche a studiare e arriva in Promozione ed Eccellenza soprattutto con l’Atletico Cvs, vincendo anche due campionati, poi quinto al Tribiano nel super campionato con Varese e Fanfulla, ancora Sporting e Casalmaiocco. «Ma se mi ero giocato male le carte da calciatore, da allenatore volevo farcela anche perché ero apprezzato dai ragazzi che stavano con me, mi ricordo Guerzoni al Milan anche in Coppa Uefa, poi i vari Bignami, Peretto, Faversani e via dicendo, e in campo offrivamo ottimo calcio. Ma evidentemente in questo mondo non esiste la meritocrazia e ho capito che era meglio lasciar perdere, perché notavo troppe cose che non mi andavano bene».E Palesi non si esime dal fare la sua severa analisi: «I ragazzi di oggi sono troppi viziati e non hanno tanta voglia di sacrificarsi e poi ci sono i genitori sempre di mezzo, che in pratica vogliono vincere e vedere sempre il loro figlio in campo. Lo dico per quanto ho vissuto direttamente, ma anche seguendo mio figlio Luca in questi anni (con tutto il settore giovanile al Monza e il recente passaggio al Genoa, ndr). Per non parlare dei dirigenti: per me il 90 per cento di loro non capisce se un allenatore è preparato o meno. Conta solo vincere, ma non sanno valutare il lavoro che si fa sul campo e tutto quello che comporta la preparazione a una partita. E per uno come me - insiste il tecnico melegnanese - che non ama i compromessi e a cui piace parlar chiaro queste situazioni non piacciano proprio».«Sant’Angelo, viene il bello» Così Palesi si ferma deciso a smetterla col calcio, ma dopo un anno la chiamata e l’insistenza del Sant’Angelo lo fanno rientrare nel giro: «Mauro Faversani mi ha convinto a riprendere e devo dire che è stata una decisione giusta, perché ho trovato una bella società, che voleva rinascere, e un bell’ambiente nonostante la categoria. C’erano insomma le motivazioni per riprovare e anche lo spirito per fare qualcosa di buono». Peccato, perché la promessa della Prima Categoria un anno fa è svanita (anche se ora è arrivata consentendo un doppio salto dopo la promozione ottenuta a passo di record nell’ultima stagione) e si è dovuto ripartire proprio dal basso:«Avevo dato la parola e a quel punto non potevo rinunciare, anche se non è stato facile come può sembrare. Come allenatore non mi è mai capitata una cosa del genere e nessuno del resto si è mai trovato in questa situazione. Eravamo la squadra da battere e dovevamo essere sempre sul pezzo nonostante la nostra superiorità, anche perché dopo il vantaggio dell’andata volevamo vincerle tutte per onorare il nostro pubblico, abituato a ben altri palcoscenici, e tutta la dirigenza. Adesso però viene il bello, perché siamo in un campionato più impegnativo e mi sembra anzi che ci siano formazioni più forti di noi. Ma cercheremo di fare la nostra parte, perché ci sono sempre tanti motivi a spingerci». Cercando oltretutto di far fruttare le proprie convinzioni tattiche: «Sono uno zonista convinto e non mi preoccupo molto di quello che fanno gli avversari: mi piace lavorare sul 4-2-3-1, anche se spesso questi moduli sono per lo più scritti sul giornale. Quello che conta è il lavoro sul campo e l’organizzazione che si riesce a dare alla squadra, che di solito fa la differenza. E poi tutto dipende dai giocatori che si hanno a disposizione e dalla loro applicazione». «C’è solo Barbati...» E poi il mister rossonero sprona gli addetti ai lavori della zona a ridare slancio a questo movimento un po’ in difficoltà: «Mi sembra che nel Sudmilano e Lodigiano siamo sempre in crisi. Ogni tanto c’è qualche exploit, vedi quello recente del Sancolombano, ma poi c’è il Fanfulla che scompare come nella vicina Monza. E nessuno investe nel calcio: forse è rimasto il presidente del Cavenago, ora a Lodi, che comunque non conosco personalmente, ma c’è ben poco. E anche a livello giovanile non ci sono esempi di un lavoro fatto in profondità come succede invece nelle società milanesi, tipo Enotria, Cimiano e via dicendo. Qualcosa si sta muovendo? Speriamo, perché finora non ho notato niente di particolare».Il figlio Luca al Genoa E allora Palesi si gode il figlio appena passato al Genoa: «Certo, il calcio occupa gran parte della mia giornata e dunque avrò modo di continuare, anche se ora per lui viene il difficile. Le qualità comunque non gli mancano, viste le richieste che ha avuto. Ha scelto il Genoa e ha un’opportunità importante».

© RIPRODUZIONE RISERVATA