OLIMPIADI L’oro “nato” a Lodi di Loveth Omoruyi
L’ex compagna al Sant’Alberto Asia Margiotta pronosticò che l’avrebbe vista «giocare in televisione» e tanti lodigiani hanno fatto il tifo per la schiacciatrice azzurra, l’ex allenatrice Mejia la sprona: «Parigi non è un punto d’arrivo»
Un oro “nato” a Lodi. Non solo perché Loveth Omoruyi, nel capoluogo, ci è nata il 25 agosto di 22 anni fa, ma anche perché senza Lodi e il volley locale il viaggio di “Lolly” verso il trionfo olimpico di Parigi 2024 non sarebbe forse nemmeno partito. Omoruyi per la pallavolo è uscita di casa giovanissima, ma è stato con i colori del Volley Sant’Alberto che è scoccata la scintilla, dimostrando subito doti importanti. Se le ricorda bene Asia Margiotta, coscritta di Loveth, oggi palleggiatrice al Capergnanica di Serie C ma arrivata sotto rete bambina, a 6 anni, contemporaneamente alla futura campionessa olimpica. Margiotta ha giocato con Omoruyi fino ai 12 anni, nel gruppo del minivolley e nelle squadre Under 12 e Under 13 del club lodigiano di via Saragat: «Mi ricordo che era già altissima - dice oggi l’alzatrice di Massalengo -, la guardavo sempre all’insù. E poi ricordo bene quanto fosse veloce in palestra a imparare esercizi e fondamentali che ci venivano proposti». Asia poi diceva spesso a Loveth quella che sarebbe divenuta una “profezia”: «Le spiegavo che era molto brava e che l’avrei vista giocare in televisione da grande: “Lolly” sorrideva, temo non credesse molto alle mie parole... invece è andata proprio così».
Margiotta ha seguito domenica la finale per l’oro dalla spiaggia; la prima allenatrice di Omoruyi, Leticia Mejia, ha invece visto Italia-Stati Uniti da una baita in montagna. Il primo tecnico di “Lolly”, probabilmente una delle figure più importanti per la scintilla che ha acceso in Omoruyi il “fuoco” del volley, segue costantemente l’ex allieva: «Ho visto Loveth a Piacenza nell’amichevole giocata con la Svezia prima della Nations League: ci siamo salutate e l’ho vista molto cresciuta. Che avesse un gran potenziale lo abbiamo sempre saputo e la sua presenza alle Olimpiadi di Parigi è un punto di partenza, non un punto di arrivo. L’oro la fa entrare nella storia e devo dire che Loveth, tutte le ragazze e il team azzurro se lo sono guadagnato con pieno merito». Mejia ha sempre sottolineato anche l’importanza, all’inizio del cammino sportivo di Loveth, di una famiglia presente ma molto discreta: «Sua madre ha agito con grande equilibrio e riguardo quando tante società più grandi cominciavano a chiamarla per tesserare la figlia, solo 12enne, rispondendo sempre: “Parlatene con gli allenatori”. La famiglia non ha mai messo parola sulle scelte tecniche».
Non tutti hanno però visto la finale in vacanza: c’è chi ha visto il match dell’oro di Omoruyi (che nel frattempo ha ricevuto le congratulazioni anche del presidente Fipav di Cremona Lodi Marco Spozio e dell’Ite Bassi, l’istituto dove ha sostenuto l’esame di Stato) a casa con bandiere e gran tifo. Come un gruppo di appassionati di via Marconi, che ha inviato il proprio “in bocca al lupo” via social a Loveth, ma anche a Gaia Giovannini, Ekaterina Antropova, e capitan Anna Danesi, ricevendo da tutti risposta: a guidarli l’occhio esperto di Luca Santi, fotografo dell’Igor Volley Novara e del “Cittadino”.
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