Marzella: «Vincere qui non ha prezzo»

Fino alla fine Pino Marzella. Fino al momento in cui le mani calde di fatica di Fernando Montigel hanno toccato quella coppa fredda, che un secondo dopo è diventata infuocata, bollente, per tutta una città. Perché l’attesa spasmodica della finale che ha riportato un trofeo a Lodi dopo 17 anni non finiva mai. L’allenatore dell’Amatori aveva ostentato sicurezza già lo scorso 25 ottobre, nei minuti immediatamente seguenti la finale d’andata, quando la sua squadra sbancò il “Cà Dolfin” di Bassano con un perentorio 7-3 mettendo una chiara ipoteca sul successo finale. E alla fine Pino Marzella ha avuto ragione, perché i lodigiani hanno vinto 5-4 anche la finale di ritorno: «Preparare la partita di martedì però è stato difficilissimo - ammette il tecnico -, era complicato trovare le giuste chiavi: perché eravamo avanti di quattro gol, occorreva non rilassarsi ma neanche sovraccaricare di tensione un ambiente che già era carichissimo di aspettative. Per questo forse non è stata una bellissima partita: penso che Massimo Giudice (mister del Bassano, ndr) martedì sera abbia detto ai suoi giocatori di divertirsi e di dare tutto, perché non avevano niente da perdere. E così è stato: non ci hanno reso la vita facile». L’importante però era portare a casa la Coppa Italia e appuntarsi la coccarda tricolore sul petto: «Il mio primo pensiero è stato proprio quello - continua Marzella -, il risultato della partita veniva in secondo piano. Posso assicurare che ne ho viste di tutti i colori nell’hockey, è uno sport nel quale può succedere di tutto. Poi negli ultimi minuti, quando ho visto che la partita si stava incanalando in un certo modo, ho fatto di tutto per vincerla: se non avesse segnato Bresciani il gol del 5-4 avevo già pronti altri due cambi negli ultimi due minuti per provare a vincerla». È stato, quello di martedì, il trionfo di un gruppo preso per mano e plasmato da inizio settembre: «Questi ragazzi sono fantastici - svela il coach di Giovinazzo -, sono di una semplicità ammirevole. Tutti si sacrificano per uno stesso obiettivo. Un esempio? Antezza è un campione dal curriculum importante, che ha già vinto trofei nella sua carriera, ma ieri sera era emozionato come un ragazzino alla sua prima vittoria. Chi vive nell’hockey sa bene cosa voglia dire vincere a Lodi, non è come dalle altre parti. Qui si prova una soddisfazione speciale e sono contento di aver vinto qui, perché purtroppo da giocatore non sono riuscito a lasciare il segno». Segno che invece sta lasciando indelebile anche capitan Montigel: «Inutile ribadirlo, ma è il nostro trascinatore, l’uomo che ha un qualcosa in più; in una parola è il capitano, stop. Ma tutti questi ragazzi stanno rendendo al massimo». Bisognava crederci fino alla fine insomma, perché dopo tante sofferenze e parecchie trasferte nei luoghi più sperduti d’Italia, dopo 33 anni Lodi è ancora campione.

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