La doppia “chance” di Giuseppe Tonani

Giuseppe Tonani nasce a Lodi Vecchio il 2 ottobre 1890. Fin da piccolo mostra di avere un fisico possente e raggiungendo la maturità supera i cento chili, dei quali una buona percentuale è costituita da massa muscolare. Gli piace andare in palestra dove è attratto da una disciplina allora popolare, il tiro alla fune. Si iscrive all’Associazione Proletaria di Educazione Fisica di Milano, detta la “fucina dei muscoli rossi”, a indicare chiaramente quale fosse lo schieramento politico

degli aderenti. Da pensare che pure Giuseppe fu attratto dall’ideologia del socialismo. È benvoluto da tutti e viene sopranominato “Ercole proletario”. Il presidente del sodalizio ricorre a un’iperbole nel dire che Tonani è in grado di sostenere il Duomo di Milano. Disputa delle gare ottenendo buoni risultati ed è interessato, forte com’è, al sollevamento pesi. C’è di mezzo la prima Guerra Mondiale e il giovanotto di Lodi Vecchio deve interrompere l’attività in palestra, la riprenderà alla fine del conflitto.

Il colosso ludevegino è ormai noto in tutta Italia e la federazione lo chiama a far parte, con Pierino Gabetti e Carlo Galimberti, della squadra del tiro alla fune all’Olimpiade di Anversa del 1920, la prima nella quale l’Italia si presenta con le divise azzurre. Ci provano gli italiani, ma non va bene. Tuttavia in maniera del tutto inattesa si vedono assegnare una medaglia di bronzo. Succede che alla chiusura di quei Giochi il comitato organizzatore dichiari fallimento: non essendoci

più soldi per preparare un “rapporto”, un solerte funzionario raccoglie i risultati battendoli a macchina. Nella disciplina risulta prima la Gran Bretagna, argento per l’Olanda, bronzo per Canada e Italia (a entrambe le squadre battute in semifinale viene assegnata la terza piazza). Anche a causa di una formula farraginosa e astrusa quell’impiegato viene indotto a sbagliare. In effetti l’Italia, battuta dall’Olanda, ha poi rinunciato a incontrare gli Usa, terminando così al quinto posto. In seguito l’errore fu corretto.

Giuseppe Tonani da allora si dedica solo al sollevamento pesi, ovviamente nella categoria dei massimi. Si impone in Italia e anche all’estero è fra i migliori. Conquista nel 1923 il primo dei suoi otto titoli italiani, l’ultimo lo ottiene nel 1938 a 47 anni.

Nel 1924 è a Parigi in gara nella sua seconda Olimpiade. Al “Velodrome d’Hiver” è sua la medaglia d’oro. Dopo una contesa tiratissima riesce a superare l’austriaco Aigner di soli due chili e mezzo e con 517,5 kg stabilisce il record mondiale nelle cinque alzate. Per il pesismo azzurro quella parigina è l’Olimpiade più proficua nella storia: oltre a Tonani infatti anche Gabetti e Galimberti ottengono l’oro nelle loro categorie.

Da rilevare che in quella rassegna gli arbitraggi scandalosi e una certa ostilità (dovuta anche a ragioni politiche) nei confronti degli azzurri non giovano a un corretto svolgimento delle gare. Merito pieno quindi agli italiani medagliati, fra cui Tonani, che reagiscono imponendo la loro classe. Nel 1928 Tonani va alla sua terza Olimpiade, ad Amsterdam. Si impegna, ma ormai le sue migliori stagioni sono passate e si classifica al settimo posto.

Le sue idee politiche erano note. Non ci è dato sapere se il Fascismo che stava in quegli anni mettendo radici, gli abbia procurato qualche noia. È certo che continuò a gareggiare fino alla fine degli anni ’40. Gli fu attribuita la medaglia d’oro Coni al valore atletico e la medaglia d’oro al merito sportivo. Fu nominato membro d’onore della federazione.

Sulla sua idiosincrasia nei confronti del regime non ci sono dubbi, è curioso che cosa scrisse L’Avanti il 2 agosto 1924: «Proletario di idee, di vita e di costumi, hai pagato lo scotto, sei rimasto il proletario della festa. Se ti fosse balenata l’idea di telegrafare a qualcuno che avevi vinto sì, ma che vincendo ti era sembrato di sollevare, putacaso, il Duce, il tuo nome sarebbe assunto a ben altra notorietà. E la croce di cavaliere ti farebbe l’occhiolino». L’omone dunque era rimasto tutto di un pezzo: non sappiamo se il cavalierato gli fu concesso, ma in ogni caso non crediamo che l’onorificenza fosse stata per lui importante. Lasciati i bilancieri, Tonani dirige un’azienda agricola a Sannazzaro de’ Burgundi, nel Pavese. Muore a Milano il 2 ottobre 1971.

Walter Burinato

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