La corsa senza limiti di Marco Melchiorri

Se ci fosse una corsa sulle nuvole, difficilissima e con molti saliscendi, non ci sono dubbi: Marco Melchiorri non se la farebbe sfuggire. E per capire di chi stiamo parlando provate a fare così: scegliete una gara, possibilmente estrema, e chiedetevi se questo appassionato runner di 53 anni l’abbia fatta almeno una volta nella vita. La risposta sarà (quasi sicuramente) sì. Bastano tre esempi. Il Tor des Géants, 330 chilometri sotto lo sguardo maestoso delle Alpi? Lo ha fatto tre volte, la quarta, tentata l’anno scorso, ha dovuto interromperla per evitare una tragedia: «La mia compagna, indietro rispetto a me di circa 7-8 ore, è andata in ipotermia; il tempo era orribile e il Tor è stato poi sospeso». La prima, di volta, è arrivato 60esimo in 120 ore. L’ultra trail del Monte Bianco? Ha partecipato dieci volte, la prima nel 2004: «Ma se mi riprendono, lo rifaccio». Nel frattempo, per evitare di annoiarsi troppo nel 2017, ha fatto domanda per “scorrazzare” sul Monte Rosa e, naturalmente, è stato subito accettato. All’elenco delle sfide dell’anno che verrà ci sono il sentiero numero uno delle Dolomiti, le Orobie e, in stand by, ancora il Monte Bianco.

SU FINO AL CIELO

A questo punto ve ne sarete accorti tutti: la vera “specialità” di Melchiorri è la corsa in montagna. Le sue competizioni preferite sono chiamate “sky race” e, in effetti, è come correre in cielo: su sentieri altissimi, incastrati tra le cime e le aquile, dove il panorama è mozzafiato ma non c’è tempo per ammirarlo. «Sono gare molto tecniche e molto “tirate” - racconta lo sky runner -, non pensi perché devi restare concentrato. Nei tragitti più lunghi i tramonti e le albe ti ripagano dello sforzo, da questo punto di vista il più affascinante è forse il Tor des Géants. Il rischio è che questo tipo di esperienze ti logorino mentalmente, quindi bisogna imparare a gestirle». Il runner, monzese d’origine e lodigiano d’adozione (è titolare di un’azienda a Montanaso, la Patto Bormett), si allena sia in pianura che in montagna, di corsa e con gli sci, e alcuni anni fa si è “buttato” anche nelle gare di sci alpinismo: «Sui monti cerco di fare almeno 2mila metri di dislivello - spiega -; a casa esco soprattutto la sera, con la lampada frontale, in una settimana faccio 70-80 chilometri». A proposito di “sky race”, Melchiorri non poteva non innamorarsi della regina dei cieli: si tratta del “Trofeo Kima”, ovvero 52 chilometri con partenza dalla Val Masino, dislivello in salita di 4200 metri e altrettanti in discesa, valicando sette passi tutti sopra quota 2500. «È la più pericolosa e prendono solo 300 partecipanti, è molto estrema ma ha un fascino incredibile».

IL MONDO... DI CORSA

Di corsa ha visto il mondo: ha fatto la maratona di New York nel 2001, quando sono cadute le Torri Gemelle «e le macerie fumavano ancora»: tanti si erano ritirati, ma lui no. Ha partecipato alla mitica Western State Run, in California, 160 km da percorrere in 30 ore, lui ce ne ha messe 24 (e 51 minuti): «Si corre nei canyon, di giorno bisogna evitare i serpenti a sonagli e di sera le puzzole», ride nel ricordare i pericoli e il gran caldo. Poi c’è un capitolo a parte altrettanto speciale, quello dell’Himalaya: «Nel 2003 ho fatto la “sky race” dell’Everest, ma a momenti, dopo la gara, ci lascio le penne per colpa del mal di montagna. Hanno dovuto portarmi giù subito». A salvarlo l’amico Maurizio Torri, che ha lanciato sul web il sito www.sportdimontagna.com e che vanta anche online un grande repertorio fotografico. Nel 2009, questa volta sull’Annapurna, Melchiorri è salito oltrei 6mila metri per un totale di 290 chilometri, da fare a tappe. Nel 2012 la “follia”: domenica dopo domenica si è ritrovato a “concatenare” l’ultra trail del Monte Bianco con il Tor des Géants e una “sky race” sulle Grigne. All’appello manca quello che è rimasto un sogno: l’Iditaroad in Alaska, selvaggia e con splendidi cani al seguito; è stato in lista due anni, ma non c’è stato nulla da fare. Quanti chilometri avranno macinato i piedi di Marco Melchiorri? Nemmeno lui lo sa. Un po’ runner e un po’ montanaro, ama la competizione senza esserne ossessionato. Esperienza, adrenalina, costanza e passione: questo il “cocktail”, e dentro non ci sono segreti. «Alla fine lo faccio perché... mi piace».

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