Intervista a Giulio Fona, fenomeno “naif” dell’Amatori tricolore

«Pronto, è “Il Cittadino”?». «Sì, chi parla?». «Sono Giulio Fona». È un pomeriggio normale alla redazione Sport, uno come tanti. Stiamo confezionando il giornale del giorno dopo quando arriva la telefonata che non mi sarei mai aspettato. Tanto per rendere l’idea è come se Maradona avesse chiamato un mio collega al “Mattino” di Napoli. Anzi, forse di più. Perché se il parallelo sportivo ci sta, va detto che di Giulio Fona si erano perse le tracce da tanti, tantissimi anni. Non lo avevamo trovato quando cinque anni fa pubblicammo uno “speciale” in occasione del trentesimo anniversario dello scudetto giallorosso («Sì, bello: me ne ha data una copia Rizzitelli», racconta). Non lo rintracciavano nemmeno gli ex compagni lodigiani, tanto che qualcuno lo dava per “disperso”. «Ho chiamato perché vorrei il numero di Aldo Belli», dice lui dopo quei pochi secondi di silenzio a cui faccio ricorso per capire se è uno scherzo o no. «Quanti anni hai? - mi chiede -. E allora mi hai visto giocare...». «Accidenti se sì!», gli rispondo.

Piccolo pro memoria per i più giovani. Nella storia dell’hockey lodigiano abbiamo visto giocare campioni, campionissimi e fenomeni. Giulio Fona era un fenomeno vero. Per capire la sua importanza nell’Amatori tricolore, anno domini 1981, basta rileggere l’intervista dell’allenatore Franco Mora dopo il trionfo di Gorizia: «Il segreto dello scudetto? Ho dato un po’ più di libertà a Giulio Fona e ho cercato di far giocare un po’ tutti su di lui». Semplice no?

Classe 1949, vicentino di Breganze, Fona era genio e sregolatezza, ma soprattutto il leader di quell’Amatori che nel 1981 strappò lo scudetto alla Reggiana dell’emergente Pino Marzella. Un Amatori che in squadra aveva campionissimi come Fontana e Fantozzi e un fenomeno in erba come Aldo Belli. Ma in cui l’ago della bilancia era Giulio Fona, che fu il trascinatore e il cannoniere con 41 gol. «Vincemmo per un punto: che goduria. Ecco, solo vincendo di mezzo punto sarebbe stato meglio, ma non si poteva: non c’erano mica i mezzi punti... - ricorda con la tipica cadenza vicentina e con quella verve un po’ “naif” che evidentemente non ha perso -. I due anni a Lodi li dimenticherò solo quando sarò morto: sono stati troppo belli». A proposito di Belli, con la maiuscola, nella magica stagione 1980/1981 fu lui a svezzare “Aldinho”: «Era il mio pupillo, anche se forse un po’ viziatino. Aveva numeri straordinari e l’ho messo subito al lavoro. Mi ascoltava, ma se non gli andavano bene i miei suggerimenti... semplicemente non li metteva in pratica».

Personaggio sui generis, una volta vinto lo scudetto, Fona lasciò Lodi e l’Amatori. Non prima però di essersi ripresentato al palazzetto completamente rasato, lui che era celebre per festeggiare i gol con la zazzera al vento: «Una scommessa», diceva allora. «Persa?», gli chiese il nostro giornalista Dario Quaranta. «No, vinta», la risposta.

Ecco, Giulio Fona era questo. E anche adesso, a 67 anni, non ha perso la voglia di scherzare. «Cosa fai nella vita?», gli chiedo. «Un c....», risponde strappandomi l’ennesima risata. «E l’hockey?». «Ho smesso da tanti anni, ma i pattini non li ho mai messi in cantina, sono sempre lì davanti ai miei occhi. Ma li metto solo per far correre il cane senza far fatica».

Da uno che sembrava sparito da oltre trent’anni ti aspetti qualunque cosa. E infatti prima mi dice che ricorda con nostalgia il “Revellino” («So che è crollato dopo una nevicata»). E poi che domenica scorsa ha visto in televisione la finale di Coppa Italia con il Bassano: «Vittoria meritata. E di là allenava Marzella». E infine: «Salutami Severgnini quando lo vedi. Non vengo a Lodi da tempo, ma perché non è che da casa mia ci si possa capitare per caso - ride -. Pensa che non ho mai nemmeno visto il nuovo palazzetto. Sai cosa ti dico? Che mi piacerebbe venire a vedere una partita, magari la finale-scudetto...».

Me lo dice lui, giuro. Stavo per proporglielo io per costruirmi un bel titolo, ma mi anticipa. Amatori, adesso ho il suo numero: quando vuoi... Perché dopo quelle a Livramento e a Rocha, una “standing ovation” dalla Lodi giallorossa la merita anche Giulio Fona.

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