Mondiali, l’analisi di Marini
Parla il campione lodigiano eroe mundial nel 1982
Ventura, Tavecchio, i giocatori. Sì, ognuno ha le sue colpe, ma la storica eliminazione subita dalla Svezia ha radici lontane. «Perché la partita è cominciata dieci anni fa: il nostro movimento non è stato in grado di guardare avanti, di progettare a lunga scadenza, di costruire qualcosa di concreto partendo dai settori giovanili», commenta amaro Giampiero Marini, ex centrocampista lodigiano che con la maglia della Nazionale azzurra conquistò il meraviglioso Mondiale del 1982 a Madrid. Lo 0-0 di lunedì a “San Siro” si è rivelato la punta di un iceberg affiorato già da tempo: «Negli ultimi due Mondiali l’Italia è uscita al primo turno, per di più giocando contro squadre non certo “impossibili” – continua Marini, colonna dell’Inter a cavallo tra anni 70 e 80 -. Questa volta non si è nemmeno qualificata: tutto ciò, al di là delle eventuali colpe dei singoli, significa che manca una base, che il nostro calcio non produce più talenti che possano competere ad alti livelli».
Risultati sotto gli occhi di tutti ma che troppo a lungo le istituzioni hanno finto di non vedere. «Il problema principale è legato ai settori giovanili: prima erano la forza dell’Italia, ora invece non rappresentano più una priorità. Mancano figure di riferimento, persone di estrazione calcistica che possano insegnare le basi ai ragazzini. Ai miei tempi quando un calciatore appendeva le scarpe al chiodo quasi sempre veniva reclutato dal suo club per allenare i giovani. Credo che anche a Coverciano ci sia bisogno di personaggi di livello, gente che mastica calcio, per tutte le categorie».
E ormai, dopo la disfatta con la Svezia, anche la storia del “genio italico” che si manifesta nelle situazioni più complicate appare obsoleta. Perché è vero che nel 1982 l’Italia vinse un Mondiale pur partendo in un clima a dir poco ostile e che lo stesso accadde nel 2006, ma quelle due squadre potevano comunque contare su grandi giocatori, campioni e pure qualche fuoriclasse. Oggi invece il panorama è desolante: tolti i “senatori” ormai al tramonto, il nostro calcio offre pochino. «Abbiamo ancora qualche buon giocatore - analizza Marini -, ma sono un numero esiguo. Un ct deve avere tanta scelta, deve poter pescare il meglio. Spesso, negli ultimi tempi, sono stati convocati calciatori che fanno panchina nel loro club. Poveretti, cosa possono fare? Il problema è che ormai le squadre di Serie A sono imbottite di stranieri. Io penso che ci voglia più coraggio: i giovani italiani bravi devono giocare titolari nei club, altrimenti non possono crescere. Per questo dico che c’è bisogno di un programma lungimirante che parta dai settori giovanili: i tempi per la ricostruzione saranno lunghi, ma non vedo altra via».
Tornando alla partita di lunedì con la Svezia («Oriali mi aveva invitato, ma ho preferito seguirla in tv») e sulla preferenza per il successore di Ventura, Marini resta invece abbottonato: «Speravo nell’effetto “San Siro”, ma purtroppo è andata male. Siamo stati anche un po’ sfortunati. Su eventuali avvicendamenti ai vertici sia in Federazione sia in panchina non mi esprimo: confido nelle scelte del presidente del Coni Malagò che considero una persona di grande spessore».
Fabio Ravera
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